Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

lunedì 30 giugno 2008

Rilassante Bernone





Sarà il caldo, sarà lo stress, sarà il bisogno di ferie, ma sono stanca e per questo weekend decido di organizzare un'uscita rilassante, tranquilla...
Vista anche l'imminenza dell' escursione sul m.te Rosa...mica dovrò arrivarci gia stanca?
Il meteo anche per questo fine settimana mette tempo molto incerto... sai che novità!

Consulto subito il mio lungo elenco d'uscite e la scelta cade su c.ra Bernone a Sauris.

Un rapido giro di messaggi e le amiche son d'accordo. Nicholas si limita nelle proteste visto il limitato dislivello di soli 600metri e la possibilità di parlare a morte con le mie amiche!

Anche Luca si aggrega all'ultimo minuto.
Solito ritrovo al Fungo e via che si parte.
Giungiamo al lago di Sauris e attraversiamo la diga in direzione del Passo Pura. Imboccata la carrareccia subito dopo la galleria proseguiamo costeggiando il lago fino ad un piccolo guado dove parcheggiamo le auto. Zaini in spalla, partiamo che son passate da poco le 10 e ci avviamo su per la forestale che sale zigzagando silenziosa nel fitto bosco di Bernone.
La strada sterrata e la sua poca pendenza ci permettono di chiacchierare in tranquillità e di goderci la frescura dopo tanti giorni di afa cittadina!


In circa 2 ore giungiamo alla casera dove veniamo accolti da un gruppetto di ragazzi e ragazze che hanno pernottato qui. La casera è stata recentemente restaurata con tipologia locale ed è dotata di tutto! Una bella baita in legno e pietra!

Ci sediamo a mangiare nei tavoli all'esterno visto che il tempo regge a meraviglia, intrattenuti dalle canzoni goliardiche di uno dei ragazzi (un misto tra vasco rossi,claudio baglioni e sdrindule), che, steso sulla ringhiera in legno della veranda, strimpella (tormenta?) con la chitarra adattando a vecchie canzoni parole e scemenze che fanno ridere di gusto Nicholas e orripilare le nostre povere orecchie!!!

Ma l'atmosfera è divertente e dopo un po' i ragazzi si ritirano all'interno della casera per preparare il pranzo lasciandoci in beata e contemplativa pace.
Ilaria e Silvia decidono di proseguire verso il Brutto Passo mentre noi restiamo in attesa di Denis e di due amici del gruppetto che stanno arrivando.

Verso le due il cielo comincia ad annuvolarsi e piccole gocce a cadere. Silvia e Ilaria, vista la difficoltà nell'individuazione della giusta traccia, decidono di tornare indietro, giusto in tempo che la pioggia inizia a scrosciare abbondantemente.

Il pensiero va a Denis e agli altri due ragazzi che sono per strada! Arrivano poco dopo e, al riparo dell'ampia terrazza, li prendiamo in giro bonariamente: sono zuppi!
Attendiamo che il peggio del diluvio passi e che Denis si rifocilli e poco dopo, indossati k-way e copri zaini, sotto una leggera pioggerella,ci rimettiamo in cammino per il ritorno. Il bosco è lussureggiante e ricoperto da verdi felci. La pioggia smette di farci compagnia e il lago di Sauris fa di nuovo capolino tra gli alberi: siamo ormai giunti alle auto e io mi sento proprio rilassata!

mercoledì 25 giugno 2008

Suona il silenzio per il Sergente nella neve

"Sono tornato vivo da una guerra.

Ho avuto una buona moglie e bravi figli.

Ho scritto libri.

Ho fatto legna.

Me basta e vanza.

'Desso posso morir in pase"


Questo è l'epitaffio che ha lasciato per se andandosene Mario Rigoni Stern, la scorsa settimana.

Un mesto dolore mi tocca. Dopo aver letto il "Sergente nella neve", dopo aver ascoltato i ricordi di mio zio Ugo, caporale compagno di Mario in quell'inferno bianco, immortalato con lui in una foto del libro, mi manca quest'uomo, anche se lo conoscevo solo per aver sentito e letto la sua storia e i suoi libri.

Una mente come la sua probabilmente non ce la siamo meritata, vide prima di altri il degrado morale del paese e lo colpì con la sua saggezza.

Lascia quel vuoto incolmabile (non è retorica) che i grandi vecchi lasciano.

lunedì 23 giugno 2008

A zonzo nel verde - Il mistero del Duca

Sabato sera mentre festeggiavamo il nipotonzolo Alessandro e i suoi 9 anni suona all’improvviso il telefono!
Quali oscuri presagi nascondo il sinistro trillo?
“Mandi luca, soi Gjovanni. Doman ce fatu?”
“Voi a cjaminà, pensi Bivera e Clapsavon. Seiso stâs là o sule Cridola”
“Si, sin stâ s là. Io e Andrea. Lei li libri e i noms da li firmis. Mandi”
Un ghigno riecheggia nell’etere come saluto…


Domenica la sveglia suona leggera alle 6.20, dopo un po’ di giri e rigiri tra le lenzuola mi alzo. C’è qualcuno che deve prepararsi alla giornata e ha bisogno del mio aiuto.
Apro la porta per portargli la colazione e schizza fuori in cortile correndo come un matto! Quasi si dimentica delle crocchette!!
Sente già l’odore dell’aria sottile!
Un vero alpin-dog!
Il ritrovo è nell’Impero di Goricizza alle 7.30 e con noi ci sono pure i Valops con pargolo al seguito, gita per famiglie: meta il Clapsavon ed il Bivera.
Il sole scalda già di prima mattina, la prima frescura si sente quando imbocchiamo la Val Pesarina: Prato, Sostasio, Pesariis, percorriamo la strada e ci immergiamo in un tripudio di verde sotto un cielo turchino e sgombro da nuvole.

Una giornata perfetta! Ma quella telefonata…
Era da un bel pezzo che non andavo a Sella Razzo e avevo vaghi ricordi, piuttosto sfocati, ma il panorama e lo smeraldo di prati e boschi che abbiamo davanti li ravvivano d’un colpo.
Indy scende dalla macchina battagliero, mentre gli altri due “cuccioli” non sembrano molto convinti.. Ma dopotutto è una gita tranquilla, con l’energia dei dodici anni dovrebbero essere già in cima.
La strada che porta a Casera Chiansaveit è un invito a godersi appieno l’ambiente circostante, con i suoi dolci saliscendi ci porta al cospetto della nostra meta, attraverso boschi e praterie in piena fioritura: rododendri, papaveri alpini e botton d’oro tingono di rosa, bianco e giallo i pascoli attorno alla casera.
Una volta alla malga la forestale cede il passo al sentiero che sale deciso verso la forcella e il gruppo, come in un tappone dolomitico della corsa rosa, inizia a sgranarsi.
I due pupi iniziano a “tufà” e a far la lagna, tant’è che si son guadagnati la qualificazione alle LagnOlimpiadi di Pechino nella specialità “Gran Fondo”. Claudio, Indy e Io precediamo il gruppo e aspettiamo sulla selletta prima dei ghiaioni sommitali l’arrivo degli aquilotti stanchi, che spronati dalle mamme, alla fin fine ci raggiungono distrutti!
Distrutti? Mah! Freschi come rose accettano di buon grado l’offerta di Nadia di aspettarci lì, mentre saliamo in cima. Enrica si ferma con loro, e noialtri proseguiamo, a questo punto solo per il Clapsavon, tralasciando il Bivera ed il mistero del Libro di Vetta.
Saliamo lungo la crestina che ci porta sui pendii ghiaiosi sotto la cima, e a Indy non par vero di trovare ampie distese di neve dove trovar refrigerio alla calura. Attraversiamo i nevai e arriviamo all’ultimo strappo che ci porta alla croce ed alla campana di vetta.
Il panorama dall’Amariana si spinge fin verso le Tre Cime, e di fronte a noi si stagliano le torri dei Monfalconi e della Cridola, Indy trova subito un suo pari con cui far amicizia: siamo in buona compagnia, almeno venti alpinisti dividono con noi la cima.
Ci sediamo a goderci il panorama e uno spuntino, aspettando che la cima diventi un po’ più silenziosa per godercela appieno.
Guardiamo in giù verso la forcelletta e scorgiamo i nostri compagni d’avventure, restiamo ancora un po’ sulla vetta silenziosa e guardiamo il vicino Bivera, ci tocca l’idea di far il giro e rientrare alla Chiansaveit dal Bivera, ma non riusciamo a comunicare con gli altri e lasciamo perdere.
Rimandiamo il mistero del Duca degli Abruzzi e di Giovanni a un’altra volta, con la sottile soddisfazione di avergli negato il piacere della lettura da parte nostra dei loro scritti (sottigliezze psicologiche d’alta quota), e iniziamo la veloce discesa lungo i ghiaioni, che Indy non pare apprezzare molto.
Il resto della truppa ha già intrapreso il rientro e noi scendiamo con calma verso Sella Razzo dove ci attendono alle auto.
Le giovani leve, grazie alle magiche virtù del game-boy hanno riacquistato le forze e scorazzano nelle praterie virtuali alla ricerca di rari pokemòn comodamente seduti sul sedile posteriore.
Il rientro pare d’obbligo via Sauris, dove poter degustare una buona Zahre e un buon panino con lo speck in onore dei nostri Andrea e Cristian, gli uomini-lupo..
Peccato che nel locale, sebbene nel cuore della Carnia, il ritmo sia di una calma sudamericana nel servizio, ma forse è perché le cose a lungo desiderate danno più soddisfazione… o forse perchè dalla cucina captiamo un "non c'è neanche pane"...

giovedì 19 giugno 2008

The Sad Smoky Mountains & Skycrapers

Con il nostro modesto contributo dell'11 maggio scorso siamo entrati nel gruppo di "attori" di questa protesta che vuole essere sia un'azione civile sia un'opera d'arte. Ora sta giungendo l'ora dell'azione finale che vedrà impegnati gli "attori" della prima ora in compagnia di nuovi amici l'8 agosto in concomitanza con la cerimonia di apertura dei Giochi di Pechino.

Riporto qui di seguito quanto scritto da Alberto Peruffo a tal proposito.


L'AZIONE FINALE

Nella parte finale della nostra azione le Tristi Montagne Fumanti incontreranno le Città. È giunto il momento degli Urban Climbers, degli "alpinisti cittadini"! Insieme alle montagne, alle colline, accenderemo di colore rosso il cuore delle città e dei loro abitanti ritornando all’origine delle colonne di fumo che abbiamo scelto come simbolo invariabile della nostra opera. Quelle colonne sono infatti una manipolazione cromatica del fumo eruttato l’11 settembre del 2001 dalle Torri Gemelle e il loro colore manifesta la vergogna-tristezza-indignazione contro la violazione dei diritti umani.

Oggi in Tibet, Sudan, Birmania, Afghanistan, Iraq, Palestina; ieri in Africa, Europa e USA; domani chissà dove tra Oriente e Occidente, nel Sud o nel Nord del mondo.

Le Tristi Montagne Fumanti fumeranno insieme con i grattacieli delle Città per ristabilire una necessaria alleanza tra l’uomo e l’ambiente, tra l’uomo e l’altro da sé, tra l’uomo e i suoi simili. I monumenti, come vulcani assopiti da tempo e risvegliati dal dolore del mondo, torneranno a rendere esplicito la loro antica funzione: servire da monito, avviso a coloro che hanno dimenticato cosa si custodisce tra le loro architetture. Noi li faremo parlare con il linguaggio del fumo, «evanescenza colore del sangue», nel giorno in cui la torcia olimpica, simbolo bicefalo, di pace e ipocrisia, accenderà le Olimpiadi di Pechino. A sessant’anni esatti dalla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo la repressione in Tibet, durante un evento di portata globale, è divenuta il simbolo del fallimento e del tradimento dei governi mondiali: i princìpi allora ratificati sono stati e continuano ad essere, più o meno diplomaticamente, rinnegati.Io e il mio gruppo di amici, insieme con attivisti francesi, agiremo nei pressi, a vista, sopra, sotto, di fianco, a lato... della Torre Eiffel, nel cuore della città in cui ha sede il Palazzo dell’UNESCO e che più di ogni altra ha consegnato cultura e intelligenza per le libertà fondamentali dell’uomo. Le altre città in giro per il mondo, montagne, colline, gli altri punti panoramici, naturali o urbani, saranno lì, nel loro immutabile posto, ad aspettare. Voi.Come per le montagne e le colline, basta poco: un fumogeno rosso, una dose di buona volontà e – nel caso mancasse l’ascensore o qualche possibilità creativa di scalata per vie esterne – alcuni piani di classiche e semplici scale per raggiungere le terrazze sommitali degli edifici.«Servirà, questa azione civile e artistica, a far muovere i governi?» - qualcuno ha chiesto. Non so e non è un problema. L’unica certezza che percepisco forte e reale, soprattutto dopo la straordinaria prima accensione, è che la nostra azione servirà, eccome, «per dare alimento a chi resiste», per non farlo sentire più solo ma circondato da una rete di umanità. Non è cosa da poco. Se noi ci muoviamo, qualcos’altro si muove. Le conseguenze non sono prevedibili, ma sono sempre conseguenze.Per dare inizio alla seconda fase dell’opera ho deciso di accendere in questi giorni un campanile, il monumento per eccellenza che già contiene in sé la capacità di parlare - le campane - ma che spesso tace perché manovrato dal potere. Inizierò dal mio paese con il Triste Campanile Fumante. Da un piccolo centro della provincia italiana un primo campanello d’allarme affinché la memoria torni definitivamente a parlare.Prendi un fumogeno e tingi il cielo di rosso!Io sarò con te.
"Alberto Peruffo - Fattoria Artistica Antersass"


Noi Alpinauti, e quanti più vorranno esser con noi, accenderemo di rosso il Monte Cimone in Val Raccolana e il campanile di Goricizza di Codroipo.

La prima volta gli Alpinauti erano quattro. Questa volta spero molti di più!

lunedì 16 giugno 2008

Mai più... mah.. chissà! Può darsi

Sulla strada del ritorno, siamo silenziosi. Ci godiamo mentalmente la giornata trascorsa al cospetto della Regina.
Il mantello di bel tempo con cui ci ha accolto nel suo regno di ghiaccio lascia dei bei ricordi nell'animo.
Il pensiero và ai cortigiani che le fanno compagnia: Sassolungo, Sassopiatto, il gruppo del Sella, il Pelmo...
Crode bellissime.
Poi all'improvviso, davanti a noi la parete dei sogni, un castello turrito e inespugnabile: la Civetta ci si para davanti in tutta la sua maestosità.
Poche ore prima, ai piedi del Cimone tornava alla sua terra Ignazio Piussi, sepolto nel cimitero di Saletto, in Raccolana.
Su quella parete ha scritto una grande pagina di storia dell'alpinismo e mentre la guardo dal Belvedere un fremito mi percorre silenzioso. Penso a quell'inverno del 1963, quando percorse la Solleder tra il 28 febbario ed il 7 marzo.
La parete è maestosa e imponente, ed ha ancora una vaga veste invernale.
Magnifica.
Terribile e invitante.
Le sirene di Ulisse.
Mai più vie lunghe... ma la Civetta... chissà!

La Regina delle Dolomiti

Con un gergo da himalaysmo, il meteo prometteva per sabato una finestra di bel tempo, e quindi dal campo base, io e Nadia eravamo in fermento con i preparativi per l'assalto alla cima. Mandato il Nicolino in campagna dai nonni, puntavamo la sveglia alle 5.20 del mattino (ma perchè l'alpinismo prevede anche queste levatacce?): obbiettivo Marmolada!
La sveglia suona puntuale e la musichetta simpatica non la rende più gradevole, ma come disse Giulio Cesare sul Rubicone: il dado è tratto! Al di là del nostro Rubicone ci aspetta la colazione (come per la Nazionale anche per noi la Nutella... speriamo in risultati migliori!), dopodichè zaini in auto e via alla volta di Passo Fedaia.
Ci fermiamo a Selva di Cadore per un caffè e abbiamo modo di conoscere l'acqua minerale con la barba, specialità mattutina del luogo (un taj di neri lu clamìn a Codroip), accompagnata da una presina di tabacco da naso: sembra abbia effetti miracolosi!
Arriviamo a Passo Fedaia con il termometro che segna un paio di gradi sopra lo zero, il cielo è velato e un pallido sole fa fatica a farsi vedere. Al parcheggio è un gran fermento di persone, ci sono almeno tre corsi ghiaccio con istruttori gracchianti e allievi spaesati, alcuni con tenute da museo, altri pronti per l'Everest, altri... lasciamo perdere. Una fauna interessante!
Sfruttiamo la bidonvia per raggiungere Pian dei Fiacconi e la neve ci accoglie nel suo regno. Ci incamminiamo per la traccia verso il ghiacciaio, dove sono presenti già alcuni gruppetti di corsisti alle prese con ramponi e piccozze e... OCCHIO ALLE CORDE!! NON CALPESTATELE!! OCCCHIOOO!!!
Ci fermiamo a prepararci nei pressi di un masso dove un'altro gruppetto si stringe attorno all'istruttrice che condisce la sua spiegazione con un variegato lessico:" da manuale questo, da manuale quest'altro, da manuale l'altro ancora..."

Manuale, manuale, manuale...
Manuale, manuale, manualee..
Manuale, manuale, manuale..
Sempre soltanto manuale...

Mi ricorda una canzone di anni fa! Ma se c’era Mina sul ghiacciaio era ben altra cosa!!
Eccoci pronti, imbragati e in cordata per la nostra salita. Affrontiamo il pendio che ci porta verso la parete nord est, subito davanti a noi quattro cordate, mentre sotto le roccette attrezzate se ne intravedono altre due. Procediamo abbastanza spediti e quando la pendenza si fa un poco più ripida mi sento strattonare dalla corda e Nadia mi ricorda che non stiamo facendo le gare con nessuno.
Ci fermiamo un attimo e approfittiamo per togliere qualche indumento, e per mangiare qualcosina di veloce. Riprendiamo il nostro zig-zag sul pendio ghiacciaio, rispetto allo scorso anno c'è molta più neve e il ghiaccio è ben coperto. Il sole compare a tratti tra le nuvole, e il suo arrivo è accompagnato, quasi immediatamente, da una miriade di crolli di pezzi di ghiaccio dalle pareti circostanti. La neve tiene bene, e per la progressione sono sufficienti i bastoncini, almeno fino alla slavina sotto le balze rocciose sotto la cima.
Arriviamo in vista della croce e delle attrezzature che agevolano l'uscita in cresta, riponiamo i bastoncini e prendiamo le piccozze. Saliamo il ripido canalino, ben innevato, che esce in cresta senza grosse difficoltà. Dalla cresta il panorama spazia dal Sassolungo, al Sella, al Cristallo, e anche se il cielo non è azzurro, la vista è comunque bellissima.
In breve arriviamo alla croce di vetta, e con beata soddisfazione ci guardiamo intorno, attorniati da un rumoroso e divertito gruppo di Rovereto, mentre un gracchio alpino ci guarda incuriosito, appollaiato sulla croce, in attesa di qualche briciola.
Le nuvole che salgono da sud consigliano di muoversi in fretta e ripercorriamo la traccia di salita. La neve inizia a diventare pesante e nei tratti dove le attrezzature sono sepolte dalla neve, scendiamo facendo sicura con la corda. Scendiamo tranquillamente per il pendio, con il sole che va e viene, in un rincorrersi di nuvole. A ragione pensiamo di essere stati fortunati con il meteo.
In prossimità del rifugio avremmo l'intenzione di far un pò di ripasso sulle manovre e ci mettiamo a scavare nella neve alla ricerca di un pò di ghiaccio vivo per piantare le viti da ghiaccio, ma lasciamo perdere visto il metro abbondante di neve che lo ricopre.
Prima di scendere ci prendiamo un attimo di pausa nel rifugio semideserto, guardando il panorama dalle ampie vetrate, e mangiando un meritato panino accompagnato da una birra che dà sollievo all’arsura dei ghiacci.
Sono passate da poco le quattro quando riprendiamo gli impianti per scendere a Fedaia,dove ci accoglie un vento freddo.
Attraversiamo la diga e su in alto la Marmolada viene avvolta dalle nebbie della sera.

venerdì 13 giugno 2008

Silenzio in Raccolana



Una delle pochissime persone per cui scomoderei la parola "mito" si è spenta ieri, in una camera dell'ospedale di Gemona.


In silenzio e umiltà, come aveva vissuto, se nè andato Ignazio Piussi.
Mandi Ignazio

mercoledì 11 giugno 2008

Parole, silenzi, sentimenti


C'era qualcosa di mutato in lei, ma Combe non riusciva a capire cosa fosse, (...)
Gli andava incontro sorridendo, (...)
e lui ebbe l'impressione quasi sacrilega di assistere alla nascita della felicità (...)
Non si abbracciarono, ma rimasero (...)
guancia a guancia,
tacendo,
e il silenzio sembrava palpitare intorno a loro

Georges Simenon, "Tre camere a Manhattan"

lunedì 9 giugno 2008

Tutto verde in Val Zemola!







Tutti i fine settimana di maggio sono stati caratterizzati da tempo instabile...quelli di giugno non sembrano essere da meno!


Fatto sta che anche per questa domenica le previsioni meteo non sono per niente rosee: pioggia, forse qualche locale breve schiarita preannunciata dal sito meteo più ottimista!


Ma si sa, i veri montanari non si fanno intimidire e perciò, essendo Luca impegnato con il corso roccia, parto con Nicholas, Silvia, Ilaria e Renato alla volta di c.ra Bregolina Grande, in Val Cimoliana. Qui dovremmo incontrare anche Luca di "Montagne Sottosopra" e il suo gruppo, che hanno in programma la stessa meta.


Tappa per caffè a Cimolais, dove, viste le ultime abbondanti piogge, cogliamo l'occasione per chiedere info sulla situazione dei guadi della Val Cimoliana. La risposta è secca e definitiva: senza jeep il secondo guado non si passa! (Hei, De Ronch..ci siete arrivati voi?)


Sconfortati dalla funesta risposta, apriamo la cartina e cerchiamo una meta alternativa: la scelta cade su c.ra Galvana, in Val Zemola.


Arrivati in breve ad Erto e al parcheggio, calziamo scarponi e zaini e con un timido sole, ci avviamo verso il torrente Zemola. Dobbiamo risalirlo un po' per trovare un punto abbastanza agevole per passarlo, ma presto c'inoltriamo nel bel bosco di faggio che alterna piccole verdi radure a tratti ripidi di sentiero.


Proseguiamo senza premura, ammirando i numerosi fiori sul bordo del sentiero: pianelle della Madonna, botton d'oro, non ti scordar di me, rododendri, che Ilaria e Silvia si dilettano a fotografare!


Dopo neanche un'ora e mezza, giungiamo al verde pianoro di c.ra Galvana: il ricovero è piccolo ma accogliente e tutt'intorno regna la quiete. Portiamo fuori le panche e pranziamo godendoci i caldi raggi del sole.


Dato l'ora presta, decidiamo di compiere un percorso ad anello toccando anche il rif. Maniago. Zaini di nuovo in spalla e si parte!


Io, Silvia e Ilaria decidiamo di fare una piccola deviazione per ammirare i verdi pendii fioriti di forc. Val de Forscia, mentre Renato e Nicholas proseguono verso il Maniago. In men di 15min li raggiungiamo di nuovo mentre sono indaffarati a indossare k-way e coprizaini: e sì, ecco che arriva la pioggia!


Proseguiamo con cautela sul sentiero bagnato che punta decisamente in discesa verso uno stretto canalone. Qui per un po' perdiamo Renato che distrattamente ha imboccato un sentiero sbagliato! Fortuna che ha smesso di piovere e che Silvia riesce a recuperare suo padre abbastanza in fretta!


Con un contrito Renato che chiude la fila, attraversiamo parecchi impluvi ricchi d'acqua e dopo interminabili saliscendi, a 2h1/2 dalla casera, raggiungiamo l'agoniato rif. Maniago. Uno stanco e brontolante Nicholas crolla sulla panchina! Qui ci vuole qualcosa di forte per recuperare perciò birretta per Renato, grappa per le pupe e tante merendine per Nik!


Il sole scalda di nuovo ma gia da dietro il Duranno arrivano i brontolii di un temporale. Bisogna rimettersi in marcia, perciò di nuovo giù per il sentiero! Il temporale passa dritto risparmiandoci e lasciandoci godere gli ultimi raggi di sole prima del tramonto, fino al parcheggio.


E si, anche oggi è andata alla grande e le emozioni non sono mancate! Bella la soddisfazione di aver visitato un nuovo angolo di Friuli!


E le abbondanti piogge se non altro son servite a dipingere tutto di un bel verde smeraldo!
Insomma, non tutto il male vien per nuocere, basta non farsi intimidire!

Ricomincio da capo



Come nel divertente film con Bill Murray di qualche tempo fa, sabato mattina alle 7.00 è suonata la sveglia e io mi alzo con destinazione Alta Valle del But e Placche di Val di Collina....

Ma sabato scorso non era lo stesso? E domenica non sono forse stato ad arrampicare sulle placche?



Ma che é? Il Giorno della Marmotta si è tramutato nel Giorno delle Placche?



Ah! Ah! Ah! Sto impazzendo lievemente cantava Freddy Mercury!!



Niente paura! E' solamente l'uscita finale del corso roccia, niente di grave! Iniziavo a preoccuparmi...



Al solito l'allegra brigata si ritrova alle 8.00 ma l'atmosfera non è quella da ultimo giorno di scuola, c'è una leggera frenesia, mista a preoccupazione. Sembra più l'inizio di qualcosa, che la fine.



Ci ritroviamo all'imbocco della strada che porta a Val di Collina per ricompattare il gruppo e prendiamo a salire. Mancano tre ragazzi del corso e partanto mi ritrovo istruttore disoccupato e salgo le placche con Giovanni, che non ci aveva mai arrampicato. Saliamo in coda al gruppo ricoprendo anche la veste di fotografi ufficiali.



La giornata passa tranquilla, tra sprazzi di sole cocente e spruzzi di pioggia rinfrescante, e tra qualche " BEEEPI REECUUPERA" che riporta il pensiero, tra sghignazzi e sberleffi, al corso dell'anno scorso quando imperversava il tormentone "BEEPI RECUPERAMI BEENE!!"



Dopo tante minacce, la pioggia arriva quando ormai siamo in prossimità dei laghetti e dove, complice la compagnia, iniziamo già a "butàle in stajare" aspettando l'ora di cena e il concerto (!!!) dei Carnia Day!! Live in Timau!!



La banda dei soliti noti nel dopocena inizia a dare il meglio di se, e qualcuno si ritrova qualche grappino.. ..oleoso!!



Il mattino dopo ci vede destarsi sotto un cielo che non sa cosa promettere: sole? pioggia? vento?



Saliamo verso il passo di Monte Croce Carnico (... ancora?!? si ricomincia? Ah! Ah! Ah!) e facciamo colazione dal Furher Primus, che ci delizia con le sue perle di saggezza (...) in salsa filo-asburgica (o anti-italiana dipende dai punti di vista)



Finalmente arriva il momento di arrampicare. Ci dividiamo tra la Bella Venexia, tra lo spigolo De Infanti e le facili placche sottostanti la scogliera.



Arrivo alla base dello spigolo con la mia compagna di oggi. Lucilla. Attendiamo che partano Matteo e Tommaso e attacchiamo il primo tiro pure noi, arrivo in sosta e do il via a Lucilla. Dopo una partenza decisa rallenta e si blocca. Sale a fatica e lentamente fino in sosta, seguita da vicino da Roberto, che la consiglia. Una volta arrivata in sosta ha una faccia un pochetto sconvolta.



"Te la senti di continuare? O ci caliamo?" In breve siamo di nuovo alla base e ci dirigiamo verso i monotiri del Pal Piccolo. Per Lucilla una lezione importante, quella del saper quando è meglio rinunciare. Cosa non banale, difficile anche per alpinisti esperti e navigati.



Passiamo la mattinata ad arrampicare in falesia, aspettando che gli altri scendano dalle vie. Alle 15.30 ci ritroviamo tutti di nuovo al Passo, e Claudia decreta la fine del corso. La tradizione anglosassone vede il lancio del tocco verso l'alto, ma una pioggia di caschetti potrebbe avere dolorose conseguenze e allora optiamo per un bicchiere e un boccone in compagnia a Timau, per concludere il corso.



martedì 3 giugno 2008

Un lungo week-end montano

Questo lungo week-end, ci ha visto percorrere per ben 3 giorni consecutivi il passo di Monte Croce Carnico.



Sabato.
Partenza per una bella arrampicata tra amici sulle placche di Val di Collina.
All'appello Io, Luca, Denis e il sig. Loi. All'arrivo, la nostra meta si intravede appena nel fitto nebbione che avvolge tutta la zona. Desolati ci beviamo un cappuccino nel bar di Passo Monte Croce Carnico mentre decidiamo la nostra prossima meta. La falesia dello Strabut a Tolmezzo ci permetterà di arrampicare per un paio d'orette prima della pioggia.



Domenica.
Partiamo decisi di nuovo per le placche, questa volta solo Io, Luca e Nicholas. Oggi splende un bellissimo sole! Per la prima volta arrampico sulle bianche placche di Val di Collina, assieme ad un entusiasta Luca, che mi porterà a cimentarmi con il mio primo 5c!! Missione compiuta! E gustosa ricompensa con un bel pranzo alla Plocken House!!



Lunedì.
E' tempo di ringraziare il mio caro moroso portandolo in un bel posto per un buon pranzo tirolese. Così partiamo assieme a Nicholas alla volta dell'Anna Schutz-haus, una bella baita sopra Lienz, valicando per la terza volta in tre giorni il Passo di Monte Croce Carnico!



Poco prima di Lienz, dal paesino di Iselberg-Stronach, una stradina sterrata con cancello automatico a pagamento (questi austriaci..) ci introduce all'interno del Parco Nazionale.
Dopo un paio di chilometri parcheggiamo e ci avviamo su per il bel sentiero che, con pendenza costante, ci porterà in un'ora e mezza alla nostra meta.


Il bosco è fresco e il sole splende caldo nelle varie radure, regalandoci bellissimi scorci sull'intera vallata dell'Oberdrautal. Dopo vari tornanti, giungiamo ad un pascolo dove Nicholas è affascinato dal fiabesco paesaggio: qui sorge l'originale Annaquell, una casetta di pietra che nasconde una presa di sorgente, con annessa panca, fonte e laghetto.


Ormai manca poco all'Anna Schutz-haus dove giungiamo pochi minuti dopo accolti dalla calorosa cortesia della proprietaria. Il posto è davvero incantevole: una baita in legno e pietra, originali panchine e tavoli dalle varie forme e un panorama mozzafiato completano la magia del luogo. Ci sediamo estasiati gustandoci gli schnaps che la signora ci offre come aperitivo...per far spazio nei nostri pancini per i taglieri di speck e formaggio che abbiamo ordinato! E per Nicholas doppia porzione di succulenti wurstel!!


Il magnifico volo di un'aquila reale che plana sulla vallata ci distoglie per un attimo dai nostri taglieri. Rilassati e divertiti dalle varie galline che scorazzano tra i tavoli ci godiamo la bella giornata in tranquilla beatitudine. Alcuni nuvoloni che avvolgono le cime davanti a noi c'inducono ad alzarci e a raggiungere la vicina cima dell'Ederplan con la grande Croce dei Reduci. Qui il panorama si apre anche verso nord e la vallata della Molltal.


A malincuore, decidiamo di scendere di nuovo a valle ma questa volta percorriamo la stradina che serve la baita. Arrivati al parcheggio ci ripromettiamo di tornare, magari quest'autunno, come ha detto Luca per un weekend romantico e un giro più ampio. Con questa bella prospettiva partiamo felici alla volta del burrascoso passo di M. Croce Carnico. E con questa sono 4!


Non c'è due senza tre, il quattro vien da se e il 5 vien per...Luca! ebbene si, sabato e domenica prossima di nuovo in zona con il corso roccia!!!

domenica 1 giugno 2008

Val di Collina






Anche se si arrampica in cordata, due o tre che sia, l'alpinismo resta fondamentalmente un'attività individualista, che punta alla soddisfazione più personale che di squadra, anche se il team riveste una importanza fondamentale.
Quando sei li, sulla roccia, e ti godi il passaggio, il gesto, o anche il fatto di aver piazzato per bene un friend o un nut, anche se nel moschettone passi la corda che ti lega a un compagno diversi metri sotto di te, in quel momento sei solo tu a goderti l'attimo. Ed è una sensazione bellissima.
Certo, dopo, quando poi guardi in giù, come a voler dire "tutto bene" e incontri gli occhi all'altro capo della corda la soddisfazione del momento viene amplificata, perchè chi sta all'altro capo della corda difficilmente è un tizio qualsiasi.
Nella maggior parte delle volte chi vive la scalata all'altra estremità di quel filo è una persona in cui riponi una fiducia molto grande. Personalmente ho pochi nomi da poter elencare come compagni di cordata: Enrico, amico d'infanzia e poi di passione alpina, Davide e Matteo, amici di arrampicate e di vita vissuta, come anche Andrea, compagno di tante avventure, spesso vissute con quello spirito di giovanile incoscienza che rende grandi le giornate in montagna, o come Marco, il compagno e mentore di grandi progetti. Ecco chi sono i volti che spesso incontro all'altro capo della corda.
Oggi ho salito ancora una volta le belle placconate calcaree di Val di Collina per la via degli amici Gianni e Albino Dorigo e guardando in giù ho incontrato uno sguardo speciale, che ha dato una luce e una gioia particolare a salire questa bella via.
Mentre arrampicavo, in sosta c'era Nadia ad assicurarmi. Dopo aver provato a salire in cordata lungo lo spigolo del Glemine, la ragazza deve averci preso gusto a sentire la roccia sotto le mani e le scarpette!
Saliti comodamente in auto fino alla casera,ci siamo preparati rapidamente, ed in breve eravamo all'attacco. Una cordata era già impegnata sul primo tiro, ma non era molto sicura sul da farsi. Neanche arrivati alla prima sorta erano già tutto un discutere: "dove và la via?" "ma sei sicuro?" e via dicendo.
Approfittiamo dell'empasse e passiamo dritto avanti: la salita è piacevolissima su questo calcare compatto e il sole scalda per bene, senza scottare (il pensiero vola al Duca degli Abruzzi, impegnato al momento nella spedizione a Lignano Sabbiadoro, e a Denis, in viaggio verso Brno, compagni del tentativo di salita di ieri... naufragato sotto un cielo plumbeo!).
Arrivo velocemente alla prima sosta e recupero Nadia che sale senza grossi problemi il primo tiro di 5c, arriva in sosta sorridente ed il barcaiolo di auto-sicura le viene al primo tentativo, c'è l'ha nel sangue evidentemente.
Mentre salgo il secondo tiro, andando a zonzo per la placca a mio piacimento, le discussioni nella cordata che segue proseguono allegramente..."vedi come fanno? è cosi che si deve fare!" "ma sei sicuro che è per li?"
Un pò di tranquillità in una giornata cosi bella no? Vabbè!!
Nadia sale agevolmente anche la seconda lunghezza e mi raggiunge in sosta. Questa volta la si può chiamare veramente un "comodo terrazzino".
Parto per l'ultimo tiro, veramente divertente, e volgendo lo sguardo in sosta incrocio quello di Nadia che mi guarda salire mentre mi da corda e penso a quanto piacere mi dà arrampicare con lei sotto questo bel cielo azzurro.
Inizia l'ultimo tiro anche per la mia compagna di cordata e dopo qualche perplessità su un paio di passaggi mi raggiunge in sosta, mentre il sole ci bacia caldo. Diamo uno sguardo attorno, l'alta valle del But si stende sotto di noi vestita di un verde smeraldo sotto il turchese del cielo.
Attrezziamo le doppie e "CORDAAAAA!!!!" giù veloci verso la macchina dove ci aspetto Nicolino e le mucche.
Arriviamo alla base della parete e invece della stretta di mano di rito, mi permetto un bacio appassionato, immersi nell'abbraccio del bosco. D'altro canto è un buon motivo per baciarla.
Mentre percorriamo il breve sentiero che ci porta alla casera, rivivo, come spesso mi capita, le emozioni della salita appena compiuta con una compagno speciale. Dopo aver condiviso il quotidiano, i sentieri e le ferrate in montagna, abbiamo aggiunto un altro tassello nella nostra vita assieme. Perso in questi pensieri, arrivo all'auto con un ultimo pensiero: dove la prossima?