Che ha breve durata. Fuggevole. Precario.
E per queste sue particolarità che questo gioco ha una fredda bellezza. Un cristallino richiamo che ricorda il canto delle sirene dell'Odissea.
Domenica mattina la sveglia suona presto e il suo suono rimbomba in una cassa vuota, tale è la mia testa. Naso chiuso, leggero cerchio. E il canto delle Sirene della Raccolana.
Stanno là. Appese nel vuoto. Rapiscono lo sguardo di chi percorre la strada nel fondovalle con la loro glaciale bellezza.
Mi alzo dal letto indeciso se tornarci subito o meno. Quasi meccanicamente metto sul fuoco l'acqua per il tè e il latte per la colazione. Mi fa piacere scoprire che in posizione eretta la testa non fa poi così male, anche se il naso è ancora tappato. Ma qualcosa di caldo, un'aspirina e una bella giornata all'aria aperta mi rimetteranno in sesto. Spero. Ma ne sono convinto? Non lo so, intanto continuo i preparativi. Apro con certosina e silenziosa pazienza un paio di aspirine, in modo da non solleticare l'udito dell'Alpingirl e scatenare domande che mi riporterebbero tra le calde braccia di Morfeo. Novello Ulisse legato all'albero maestro con rami di salice.
Alla fine le sirene hanno la meglio, e già ne sento giovamento. Al richiamo, con me, hanno risposto l'eterno Fabrizio, Robertone, e Giovanni, Giulio e Roberto, questi ultimi al primo fine settimana di ghiaccio verticale.
Il tempo non è dei migliori, informata Nadia delle condizioni meteo sulle Prealpi, imbocchiamo la Val Raccolana: la nostra isola del tesoro. Il nostro scrigno di gemme.
Saliamo con moderata velocità, scrutando le pareti alla ricerca delle linee più belle, fin ad arrivare al Fontanon di Goriuda. La nostra meta di oggi.
Visto come il meteo ha deciso di girare rinunciamo a lunghe realizzazioni e formiamo due cordate in maniera da "istruire" i novelli ic-climbers (Fabrizio docet) sulle regole del delicato gioco dell'effimero. Campo di gioco le due facili colate a fianco del Fontanon. Con me e Robertone viene Giovanni. Robertone mi precede lungo il sentiero, e, mentre faccio qualche foto alla colata, giunge alla partenza della salita.
Due scatti e "POFFERBACCO!! HO DIMENTICATO LA SCHEDA DI MEMORIA!!" Con "perdindirindina" e tutte le sue sorelle raggiungo Roberto che con fare soave mi dice "Ti spiace se faccio io da primo?", io penso ancora alle poche foto che potrò fare che annuisco senza capire quello che mi ha detto. E così lo guarderò salire dal basso! Fregato!
Spieghiamo i concetti di base a Giovanni, che di tanto in tanto, annuisce basito alle dissertazioni filosofiche di Robertone, e iniziamo la salita. Il primo tiro è piuttosto facile, ma lo affrontiamo in cordata, approffittando per mettere bene in pratica quanto spiegato poc'anzi al novello ghiacciatore. Dopo le prime facili balze verticali arriviamo al catino superiore, dove si trova la colata principale: sessanta metri di ghiaccio quasi verticale!
Roberto inizia a salire, condendo l'ascesa di spiegazioni, mentre Giovanni lo assicura. Io mi sciolgo dalla corda per gironzolare attorno, cercando qualche bello scatto tra i pochi a disposizione.
Mentre Roberto sale arrivano due ragazzi con accento "foresto" sono di Vittorio Veneto, per la prima volta in Raccolana: "Bellissimo! Non pensavamo di trovare tanto ghiaccio! E soprattutto di non trovare nessuno! O quasi!".
Ecco! Vediamo di fare in modo che resti cosi e che la massa continui ad andare a Sappada o Sottoguda!
Ma come dice Fabrizio, ci vuole qualcosina in più (o in meno, dipende dai punti di vista) per venire qua, in questa valle spoglia e fredda. Selvaggia e repulsiva.
Giovanni parte davanti a me, lasciando i chiodi che recupero mano a mano che salgo, cercando di dargli qualche buon consiglio durante la salita, e cercando di evitare i blocchi di ghiaccio che di tanto in tanto frantuma e che precipitano in basso.
Arriviamo in sosta dove Robertone ci accoglie sornione. Che facciamo? Scendiamo o saliamo a vedere cosa c'è più in su? Che domande!! Avanti!
Nel frattempo arrivano alla base Fabrizio, Giulio e Roberto che ci chiedono se stiamo scendendo: "No! Saliamo ancora un pò!"
Saliamo ancora un breve tiro proteggendo. Poi è la volta di Giovanni, che un pò riluttante, alla fine cede alle nostra insistenze e su un tratto facile và da primo, attrezzando una sosta su ghiaccio dove ci recupera.
Andiamo ancora avanti, spinti dalla voglia di vedere da vicino cosa si intravede dietro i rami spogli degli alberi. Saliamo in conserva, vista la poca difficoltà presente, fino a un piccolo strapiombo di tre metri che Robertone sale in libera, "Tanto non si riesce a chiodare, troppo poco ghiaccio".
Il salto è proprio verticale e divertente.
Ci sleghiamo e, riavvolte le corde, ripartiamo veloci verso le candele sospese che ora vediamo bene sopra di noi. Sento di nuovo le sirene della Raccolana, e le vedo dinanzi a me. Arriva accanto a me Robertone con gli occhi che brillano "Che ora è? A farla ci va via una buona ora".
Sono le tre e nevischia. Sopra di noi il cielo è sempre più grigio e basso.
Iniziamo a scendere lungo il costone roccioso, per sentieri invisibili che forse han visto passare solo camosci, bracconieri e qualche boscaiolo. Scendiamo velocemente, i ramponi mordono sicuri il fondo ghiacciato del sottobosco e in breve siamo sul salto della cascata. Valutiamo se fare una doppia per raggiungere la base, ma poi optiamo per attraversare il canale e scendere attraverso il bosco. Fosche brume scendono dalle cime, regalando alla giornata le tinte fredde delle antiche saghe nordiche.
Arriviamo alle auto e vediamo che i notri compagni son già scesi e ci attendono, in compagnia di Giampaolo, di ritorno da Sella Prevala, all'interno dell'agriturismo. "Siete arrivati fino in Resia? Non vi vedevamo più venir giù!"
Presi dalle Sirene abbiamo ceduto allo spirito esplorativo che c'è alla base dell'alpinismo e abbiamo vagato per le rocce e i ghiacci della Raccolana, anche perchè, come dice Robertone "Bisogna far fame, non si pùo mangiare solo per gola".
E così, mentre la ragazzina porta una bottiglia di nero, finiamo la giornata scherzando e pensando al prossimo fine settimana.
Le Sirene stanno ancora cantando.
eeh ! l'effimero.. le sirene..
RispondiEliminaah questi moderni Ulisse!!
certo che deve essere uno spettacolo. a me dà i brividi pensaree di salire qualcosa di cosi precario. deve essere qualcosa di molto coinvolgente. Mi rassicura (per l'alpinfrut & c.) che sapete quando è il caso di tornare indietro. Bravi.
torna fuori l'alpinauta scrittore, dopo un pò! il ghiaccio ti ispira e? il tuo ambiente più congeniale! bene bene!
RispondiEliminaBergheil ai nuovi ghiacciatori,
e ha ragione il tuo amico Fabrizio: per il ghiaccio della raccolana ci vuole qualcosa di più!
(o sei triestino o sei un furlanat!!!)
cayooo
Eh già l'effimero! qualcosa che dura poco, che scompare velocemente come..... la bottiglia di nero alla fine. E alla fine cosa resta ? spero non un cerchio alla testa. Uno spettacolo, comunque.
RispondiEliminaun saluto.
Si si, Roberta sappiamo quando tornare indietro. anche perchè poi l'Alpingirl viene a cercarmi!
RispondiEliminaCarlo meglio la raccolana di cogne, più da veri!
e l'effimero? come il nero! se buono lascia soddisfazione!
il ghiaccio! troppo mutevole per me. meglio la quieta sicurezza di un troj.
RispondiEliminaci vuole un filino di pazzia, penso. quella che c'è alla base del alpinismo
Parafrasando una famosa canzone dei Led Zeppelin:Iceway to Heaven.
RispondiEliminaInaspettata Val Raccolana.
ciao
Ben ritrovato frivolo!
RispondiEliminaCi si incontrerà no?
con Luca Sottospra e Marco SuiMonti si parla di te come di leggenda! aspettiamo cjaspolata comune! poi un post in cooperativa!
ma ci son robe cosi anche in raccolana?? magnifico!
RispondiEliminauna saluto e buona anno a tutti!