Il confine era sopra di noi. Quello tra Italia e Slovenia,quello tra il giorno e la notte, e quello tra il freddo della conca di Fusine e il caldo del rifugio.
Partiamo poco dopo il tramonto dal lago superiore, lungo la forestale. La neve è dura, battuta dalla slitta di Stefano e si sale agevolmente. Il freddo pizzica le guance e la punta del naso mentre si sale chiacchierando.
Tornante dopo tornante, finalmente riusciamo a vedere le luci del rifugio, calde come l'atmosfera che ci attende.
Tornante dopo tornante, finalmente riusciamo a vedere le luci del rifugio, calde come l'atmosfera che ci attende.
Alla spicciolata arriviamo tutti, e man mano che riponiamo zaini e scarponi ci accomodiamo al tavolo.
La serata trascorre tranquilla e allegra finchè alle undici e mezzo passate, il terzo invito ad andare a nanna di Stefano viene accolto.
Un cielo azzurro reclama attenzione da dietro le finestre, e rispondendo al suo richiamo veniamo ripagati con una magnifica visione del Mangart in veste invernale.
Il silenzio viene rotto solo dal respiro, e quasi non si sente neanche il freddo.
Il canale che sale alle Ponze è initante, ma siamo saliti senza attrezzatura poichè avevamo altri progetti. Scendiamo alle auto e, dopo aver scongelato l'auto di Renzo, dirigiamo verso Planica per risalire alla Dom Tamar, ai piedi dello Jalovec, alle spalle delle Ponze.
Le sirene del ghiaccio si son fatte sentire: in settimana Gianni mi aveva raccontato che su un sito sloveni c'era una foto di Centralna Slap che pareva ben formata... e quindi via armati di piccozze all'assalto.
Dopo un avvicinamento di un'oretta arriviamo ai piedi delle colate, peccato che si stanno ancora formando. La tentazione è forte, si potrebbero anche salire, facendo un pò di misto, ma preferiamo attendere che si formino per bene per gustarle al meglio.
Intanto un vento gelido scende dallo Jalovec e ci invita a tornare a valle.
Un ultimo sguardo e un arrivederci.
e le cascate.. occhio e?
RispondiEliminaciao ciao