Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

lunedì 3 dicembre 2018

Gartnerkofel, prove d'inverno

In quel mentre il ronzio, una sorta di tintinnio, diventò più distinto e, per non udirlo, cominciai a parlare anch'io, più che potevo, ma esso non si lasciò sopraffare e acquistò un carattere ben preciso, e dovetti riconoscere, infine, che esso non era nelle mie orecchie.
Come per l'anonimo protagonista del racconto di Poe, li sentivo, le sentivo. Ogni volta che passavo vicino alle casse dove riposano, in attesa del freddo inverno, si facevano sentire. Chiamavano, forse anche supplicavano. Si rivelavano per quello che erano. Pulsante materia fredda che reclamava la sua ragione di vita.
Venne dunque il tempo. 


Quella che doveva essere una fredda e soleggiata giornata d'autunno, si rivelò una tela intrisa dei colori e dei profumi di un inverno profondo, che ancora doveva venire. Nella solitudine di Passo Pramollo ci  incamminiamo verso la Watschiger Alm, avvolta nelle nebbie meccaniche degli impianti di innevamento, superandone la fredda solitudine e imboccando il sentiero che sale al Kuhweger Thorl.


La neve scricchiola leggera nell'aria fredda del mattino, usciti dalle brume artificiali, lo sguardo brama le cime che ci circondano, immerse in un caleidoscopio blu, bianco e grigio. Risaliamo il pendio che ci porta alla Uiberlachergrat. 
Il ronzio ritorna, più forte del pianto dei cristalli di neve, infranti dal nostro passo; il tintinnio si fa forza, si insinua nella mente fino a convincerla.
Indossiamo i ramponi ed impugnamo la picozza. Finalmente rivelata la fredda materia.


E intanto, ecco - lo udite? - ecco, ascoltate! Esso si fa più forte, più forte, e ancora più forte, sempre più forte!











Saliamo, cercando la via lungo le rocce innevate, col cuore che si riempie di gioia come nei giorni grandi; pur non essendo una via difficile, in questa giornata, questo anticipo d'inverno ci regala un'euforia sottile e delicata, come i movimenti che di tanto in tanto la salita ci richiede.



Ci si muove a fil di cielo, con la giusta attenzione, costringendo lo sguardo a non perdersi nell'infinito che sembra circondarci. Le luci della giornata rapiscono i sensi, e sembrano fermare il tempo, fin quando, d'improvviso, arriviamo in cima. Il gioco è finito, la ricerca ha dato i suoi frutti e dopo una pausa silenziosa riprendiamo il cammino verso il punto di partenza.





Poi, come sempre, spunta lui, portando lo sguardo caro di chi ci guarda da lontano.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bello ricordare un amico... salutando il gracchio