Era un bel pò di tempo che quella cengia che si staccava dalla provinciale ci incuriosiva. Passando velocemente in auto non si intuiscono i suoi passaggi nel fitto del bosco, e il suo sviluppo, al di là delle cartine restava per noi un mistero.
Ma come ormai sappiamo viene il momento per ogni cosa, e così sabato ci troviamo a percorrere a piedi il ponte in ferro che custodisce l'ingresso al sentiero.
Scendiamo nel greto del Bombaso per guadagnare subito la cengia artificiale della vecchia strada militare che sale alle postazioni dei Cocuzzoli Scalzer e che prosegue verso Sella Barizze, lambendo le pendici orientali del Monte Bruca. La Krasel Weg.
Le voci che parlano di questo sentiero tracciano un ritratto a tinte fosche: tratti franati, sentiero poco individuabile.
Invece a parte il modesto tratto iniziale e qualche franamento di poco conto troviamo una bella e comoda mulattiera che sale nel bel bosco autunnale.
Non impieghiamo molto ad arrivare ai prati Scalzer, preannunciati da un piccolo cimitero di guerra: sei poveri ragazzi riposano da quasi un secolo quassù, vegliati da sei abeti piantati allora dai loro commilitoni. Il luogo possiede un'atmosfera strana, una poesia che lega le anime di quei ragazzi agli alberi, e che li rende quasi immortali.
Passiamo oltre, raggiungendo la sella tra Bruca e Brizzia, e proseguendo in direzione del primo, in un bosco caldo del respiro dell'autunno. Il piacere del falsopiano si accompagna alla morbidezza dei passi su di un letto di foglie: Dopo poche svolte giungiamo al bivio per la solitaria cima del Bruca.
Il sentiero sale sulla larga cresta tra mughi e alberi scheletrici e di breve raggiungiamo la piccola croce di vetta, sospesi tra la valle del Rio Bombaso e il Vallone degli Uccelli.
La solitudine di questa cima è attestata dal libro di vetta: poche pagine scritte e quattro salite prima della nostra quest'anno. Mentre dal fondovalle arriva l'eco del mezzogiorno, ci godiamo la vista verso Mangart, Jalovec e Montasio, ritti davanti a noi.
Scendiamo dalla cima ripercorrendo i nostri passi fino ai Prati Scalzer: qui seguiamo la traccia di una trincea che ci porta verso le sommità dei Cocuzzoli Scalzer. Inizia la caccia al tesoro!
Il sistema fortificato degli Scalzer consisteva di una fitta rete di passaggi trincerati lungo i quali si aprivano osservatori e postazioni di artiglieria che tenevano sotto controllo il Canal del Ferro e bloccava l'accesso alla valle del Rio Bombaso.
Dopo un pò di ricerche troviamo finalmente l'entrata che ci interessa: striscio dentro seguito da Nadia. Il tunnel è stretto ma pian piano si allarga e ci conduce a un vano usato come osservatorio: niente di che si direbbe, ma il bello di questa caverna e che conserva ancora parte delle suppellettili dell'epoca, come un tavolo in legno ed una sedia ormai mezza distrutta.
Toccare quel piano in legno mi fa immaginare la vita di quei tempi: la paura, le risate, gli occhi che scrutano la valle. Ma nel momento in cui la mano accarezzava il legno antico pensavo ad un uomo chino sulla carta a scrivere alla moglie lontana, ad una famiglia che con un pò di fortuna sperava di rivedere.
Usciamo nel bosco, custode silenzioso di lontane vicende di uomini chiamati a uccidere fratelli. Lascio nel buio del bosco di abeti questi pensieri e mi rallegro scendendo tra larici e faggi che con i colori riscaldano i viandanti d'autunno
Il sentiero sale sulla larga cresta tra mughi e alberi scheletrici e di breve raggiungiamo la piccola croce di vetta, sospesi tra la valle del Rio Bombaso e il Vallone degli Uccelli.
La solitudine di questa cima è attestata dal libro di vetta: poche pagine scritte e quattro salite prima della nostra quest'anno. Mentre dal fondovalle arriva l'eco del mezzogiorno, ci godiamo la vista verso Mangart, Jalovec e Montasio, ritti davanti a noi.
Scendiamo dalla cima ripercorrendo i nostri passi fino ai Prati Scalzer: qui seguiamo la traccia di una trincea che ci porta verso le sommità dei Cocuzzoli Scalzer. Inizia la caccia al tesoro!
Il sistema fortificato degli Scalzer consisteva di una fitta rete di passaggi trincerati lungo i quali si aprivano osservatori e postazioni di artiglieria che tenevano sotto controllo il Canal del Ferro e bloccava l'accesso alla valle del Rio Bombaso.
Dopo un pò di ricerche troviamo finalmente l'entrata che ci interessa: striscio dentro seguito da Nadia. Il tunnel è stretto ma pian piano si allarga e ci conduce a un vano usato come osservatorio: niente di che si direbbe, ma il bello di questa caverna e che conserva ancora parte delle suppellettili dell'epoca, come un tavolo in legno ed una sedia ormai mezza distrutta.
Toccare quel piano in legno mi fa immaginare la vita di quei tempi: la paura, le risate, gli occhi che scrutano la valle. Ma nel momento in cui la mano accarezzava il legno antico pensavo ad un uomo chino sulla carta a scrivere alla moglie lontana, ad una famiglia che con un pò di fortuna sperava di rivedere.
Usciamo nel bosco, custode silenzioso di lontane vicende di uomini chiamati a uccidere fratelli. Lascio nel buio del bosco di abeti questi pensieri e mi rallegro scendendo tra larici e faggi che con i colori riscaldano i viandanti d'autunno
4 commenti:
Bella giornata sabato....... ! Bello il posto, ci siam stato anni fa salendo però dal disastrato sentiero del Brizzia. Mi ricordo del piccolo cimitero di guerra . Con le tue parole hai centrato le emozioni provate! Mandi
un pò alpinauti e un pò... speleonauti :D
ciao
la giornata era bella, e trovare un bel sentiero e non un disastro come ci avevan detto hanno aiutato non poco! poi andar per farcadicce è sempre bello!
Un’escursione alla quale non manca nulla: un po’ di senso di avventura, colori, atmosfera, memoria, sentimento del passato…il tutto egregiamente fuso nell’efficacia del racconto e delle belle immagini.
Un caro saluto, lauretta
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