Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

martedì 6 febbraio 2018

Creta di Pricot, via Fausto Schiavi

L'idea di salirla ancora si riproponeva spesso negli anni, ma poi, come spesso accade, veniva accantonata per vari motivi. vuoi le condizioni, vuoi che avevo altri progetti, o semplicemente perche in quel momento non mi interessava.
Poi, d'improvviso, quindici anni dopo l'ultima volta che la salii, mi ritrovo con la giornata giusta, la condzione giusta e la voglia di salirla ancora una volta. Ricordi confusi risalgono improvvisamente in superficie, attimi di gioia lontani che piegano in un sorriso le labbra, mentre, chiudendo gli occhi, vedo scorrere le immagini di anni fa, con gli amici di sempre e con quelli che han preso altre strade.






Le neve cede leggermente al nostro passare, ed il sole che fa capolino dalla cresta del Malvuerich si insinua tra gli alberi nel primo mattino. Baita Winkel è immersa in un'ombra fredda e silenziosa, passiamo oltre con passo svelto, ringraziando gli sconosciuti che han battuto la traccia.
Il circo roccioso del Winkel è un'emozione che si rinnova ogni qual volta percorro questo vallone: ancor più d'inverno, quando le pareti scure e cupe, striate di neve, si ergono imponenti sul tappeto bianco che si stende ai loro piedi.
Oggi con me e Nadia ci sono Stefano e Roberto a condividere le emozioni che questa giornata ci riserverà. Arrivati all'altezza del canalone che apre la via alla parete lasciamo la tracia battuta, ed in parte ricoperta dalla neve portata dal vento e iniziano a risalire il pendio. 
Il manto nevoso è mutevole, a tratti portante, a tratti si sprofonda fino al ginocchio. A tratti si sale con gioia, a tratti si impreca.



Mano a mano che si sale la neve aumenta di consistenza, i ramponi mordono la superficie, l'orizzonte si abbassa e la vista si apre sulle Alpi Giulie.
Saliamo senza fretta la prima rampa e a ridosso di una paretina alla base del canale ci prepariamo. 
Un sorso di te ci riscalda prima di iniziare la salita, uno sguardo d'intesa e si inizia a salire. Mi diverto a salire, mi diverto a vedere Stefano e Robi, e mi diverto a vedere Nadia che sale a suo agio. Le preoccupazioni per le condizioni, per la fatica, per l'esposizione l'hanno abbandonata e saliamo veloci.











Affrontiamo con calma il tratto più impegnativo, in lungo traverso ascendente che ci porta al canale finale. Si affonda un pò nella neve dura, i ramponi tengono bene ed il panorama è un piccolo aiuto a non badare al ripido pendio che scende verso le balze rocciose ed il vuoto sotto di noi. 
Accompagnati dal respiro del vento arriviamo all'ultima parte della salita, dritti verso il cielo.
Sopra di noi incombono maestose cornici scolpite dal vento, traversiamo in salita verso destra e affrontiamo un tratto un pò più ripido, ghiaccio vivo e neve pressata rendono divertente il salire, salgo veloce fino a uscire sul plateau sommitale della Creta di Pricot, dove, una volta tanto, nella solitudine della cima, mi lascio andare a grida sincere di gioia dinanzi alla vista che mi si para davanti.





Ho fretta di recuperare Nadia per godere assieme questo spettacolo e quasi la trascino fuori dal canale.
Il senso del salire sta tutto nelle emozioni che sei capace di regalarti. La verità di questa frase esplode in giornate come queste. Giorni grandi.






Proseguimao verso la cima mentre gli altri escono dalla via, tira un vento freddo da est, che si insinua nei vestiti, morde la pelle. A tratti spezza i cristalli di brina che corrono tintinnando sui sastrugi, accompagnandoci alla campana del monte Cavallo.








Dopo esserci goduti la cima proseguimao verso la ferrata Contin: il pendio è uno specchio gelato e decidiamo di attrezzare un paio di calate per raggiungere la selletta in tranquillità. Da questa scendiamo in silenzio verso il Winkel, soffermandoci a guardare la via di salita per fissare il ricordo di una magnifica giornata.






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