Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

lunedì 31 dicembre 2007

Sul Montasio: invernale al Findenegg


28 dicembre. Iniziamo bene: 8.30 e del Signor Loi non c’è traccia per la strade di Goricizza. Con calma finisco di preparare il materiale e per sicurezza ricontrollo tutto: fornello, qualcosa da mangiare, chiodi, viti da ghiaccio, ferramenta varia, cordini, ramponi, piccozza.. C’è tutto. Anche il Signor Loi, che nel frattempo è giunto a bordo della Freccia Nera.
Bene! Andiamo.
Destinazione piani del Montasio. Obbiettivo della giornata, il bivacco Suringar, sulla Grande Cengia dello Jôf di Montasio. Base per la salita dell’indomani del Canalone Findenegg. Appena imboccata la strada per i piani, un bel lastrone di ghiaccio ci costringe a metter le catene: dopo un attimo la Freccia Nera è pronta ad artigliare la strada!
Le invernali han sempre esercitato su di me una forte attrazione, ma lo zaino in queste uscite mi attrae spesso verso il basso: tra sacco letto, vestiario, cibo e attrezzatura avremo un 15 kg in spalla, e li sento tutti (grazie agli amici del NoLimits di Tolmezzo, almeno il fornello è leggero!).
Comunque sia ci si incammina verso la forca Disteis parlando del più e del meno e il ritmo risente del carico; ad un tratto sotto la parete sud compare un solitario stambecco che ci guarda con indifferenza sudare mentre saliamo gli ultimi metri di prato innevati. Mentre calziamo i ramponi e togliamo le piccozze dallo zaino mi risuona in mente “Hells Bells” degli AC/DC (…like a hurricane..) e iniziamo a salire la parete innevata per guadagnare la grande Cengia. Il gelo-disgelo ha indurito la neve e si avanza bene, sui primi salti verticali c’è ghiaccio vivo e roccia scoperta. Andare avanti inizia a richiedere più attenzione e, senza neanche accorgersene il tempo vola. Con un po’ di fatica guadagniamo il pulpito prospiciente la Torre Disteis: qui la neve è poca e aggiriamo facilmente la torre. Sorpresa. La cengia e completamente innevata. Iniziamo ad avanzare come fosse un lungo traverso. La neve inizia a sciogliersi sulla superficie del lastrone e fa zoccolo sotto i ramponi nonostante l’anti-bott. A tratti il lastrone suona di “vuoto”, per un tratto sbuca dalla neve il cavetto che d’estate agevola il passaggio, ma a noi non serve a molto. Davanti a noi una famiglia di stambecchi zompetta qua e là come niente fosse. Che invidia. Mi giro verso Andrea che mi chiede “Tutto bene?” “Per ora si” e mentre rispondo il lastrone con un rumore sordo mi cede sotto i piedi. Mi fermo li, sulla neve soffice e non trasformata. Era un bel pezzo che non mi si gelava il sangue in montagna. Guardo sotto di me e vedo l’abisso della Clapadorie perdersi verso la Val Dogna. Aspetto che Andrea mi raggiunga e intanto metto l’imbraco, si ferma a pochi metri da me e si imbraca a sua volta. Toglie la corda dallo zaino e intanto provo a sondare il terreno prima di avanzare: una vite da ghiaccio non la metto neanche per sogno, la crosta non tiene per niente. Guardo l’ora, sono le quattro meno un quarto, ancora un’ora di luce. Merda.
“Andrea che dici? Torniamo indietro? In un’oretta dovremmo essere fuori dai casini, andando avanti non so se arriviamo al bivacco prima del buio.” Neanche ad Andrea piace la situazione e allora dietro front veloce, cercando di far le cose bene e con la giusta fretta per non dover andar avanti alla luce della frontale.
L’ultimo sole della giornata ci saluta mentre stiamo arrivando al bivio per la via normale. Mi fermo a fare qualche foto e il Signor Loi mi apostrofa con “ Guarda questo! Io ne ho piene le balle ad andare avanti e Lui si mette a far foto”. Rido di gusto e anche lui, almeno mi pare.
Arriviamo sul ghiaione innevato e togliamo i ramponi. Bevo un goccio di te e guardo verso l’alto, verso la cima con un po’ di rimpianto. Ma forse è meglio così. Almeno per oggi.
Un altro gruppo di stambecchi ci guarda dall’alto, si preparano per la notte e magari si chiedono che ci fan lì a quell’ora quei due tizi.
Scendiamo velocemente lungo le lingue di neve dei Piani verso il di Brazzà, Andrea vorrebbe fermarsi a dormire li. Arriviamo al rifugio che le ultime luci del giorno han lasciato da un pezzo il posto ai led delle frontali. Beviamo a ancora un goccio di te caldo e decidiamo di proseguire verso la macchina e verso casa.
Guardo il Montasio sotto il cielo stellato, e rimando l’appuntamento di qualche tempo.

mercoledì 26 dicembre 2007

... sul Monte Raut




La mattina dell'antivigilia ci dà il buon giorno con un bel cielo nuvoloso. Una coltre di nubi fa da coperta alla pianura friulana e la livrea plumbea della giornata invita a rimanere a casa, ma siam decisi e allora si parte.. con un pò di ritardo visto che "chei di San Zorz" son rimasti attaccati alle coperte e sono in ritardo. La meta è comunque vicina e allora gli si può perdonare il ritardo. Partiamo alla volta di Pala Barzana, sopra Andreis, da dove saliremo al Monte Raut, caratteristico dente affilato dalla pianura friulana, caratteristico e ripido canalone sotto gli scarponi. Già i primi metri di dislivello dan l'idea di come sarà la gita: "a tire sù!".
Le gambe girano a buon ritmo, e ben presto lascio morosa e amici indietro (l'avessi mai fatto!! Lei dimentica acqua e thermos e io parto davanti, lasciandola ai morsi della sete!!! L'avete sentita ringhiare anche voi??).
Alla base del canalone che porta a Forcella della Capra c'è una fontana con un "accigliato" guardiano che guarda con severo cipiglio (anche se, sotto sotto, ha l'aria di prenderti in giro, come chi l'ha messo in quel posto) chi si avventura sulle ripide balze della montagna.
Con il salire di quota lo sguardo guadagna spazi sulla pianura coperta dalle nuvole, che si van sfilacciando sui primi rilievi lasciando spazio ad un bel cielo blu che incornicia le montagne da est a ovest.
Già pregusto il panorama dalla cima: la vista spazia dal Monte Nero, al Triglav, Canin, Jof di Montasio e una volta arrivato in forcella ecco Creta Grauzaria, Sernio, Creta d'Aip, Cogliàns, Chianevate, fin a Cima dei Preti, Duranno, Pelmo, Marmolada... uno spettaccolo!!
Dalla Forcella verso ovest mi aspetta la cima. un saliscendi sulla cresta a precipizio porta in breve in cima, dove il panorama prende corpo in un 360° magnifico. Le nuvole sulla pianura sembrano una distesa di batuffoli di cotone illuminata dal sole. A tratti sul confine tra cielo e terra si vede una striscia dorata di mare che sembra dire "hei! ci sono pure io".
In cima non fa freddo, e non c'è un alito di vento, così me ne stò a godermela in tutta calma, aspettando l'arrivo degli altri. Dopo un'oretta li vede sbucare dalla forcella e fermarsi poco oltre, lungo la cresta.
Quando capisco che non hanno intenzione di proseguire, dò l'ultimo sguardo al panorama e inizio la discesa.
Lungo la cresta mi fermo nell'intaglio dove esce la Via dei Cacciatori di Andreis, percorso di 2 grado su prati verdi e sfaciumi vari, solo per veri spannati. Andate a vedere l'ultimo tratto dall'alto per rendervene conto!!

martedì 18 dicembre 2007

Una piccola invernale

Domenica 16, complice la "gnotolade" del sabato la partenza non è antelucana, e quindi ci si ritrova in quel di Gemona alle 8. Stefano è già che ci aspetta, rapido trasferimento di materiale e via verso passo Pramollo. Sui primi tornanti dopo Pontebba inizia a fioccare per bene e una volta arrivati alla ex-caserma della finanza il cielo è grigio e la neve cade lenta ma decisa. Andrea apre la fila, incamminandosi per la forestale che porta a Baita Winkel, immersi nel silenzio ovattato del bosco bianco. Arrivati alla Winkel prendiamo il sentiero per la Sella della Pridola, salendo rapidamente lungo lungo i fianchi della montagna. Una volta in forcella, una breve sosta per un goccio di tè e poi iniziamo a salire lungo la cresta del Malvuerich. Saliamo spediti nella neve fresca, ma ben presto ci accorgiamo che il fondo è ghiacciato, e nel punto che lo scorso febbraio ha respinto me ed Andrea, calziamo i ramponi e prendiamo le picozze. La salita non è difficile, ma in queste condizioni non è scontata, e alcuni passaggi risultano delicati. Ci portiamo sul versante del Rio Bombaso, con qualche passaggio esposto sui boschi sottostanti e accompagnati da una luce strana sul gruppo del Cavallo: nuvole rosa si rincorrono e giocano con altre grigie e cupe. La neve continua a fioccare leggera e ci accoglie sulla cima. Verso la pianura e le Dolomiti filtra qualche raggio di sole, che pallido e spettrale fa capolino tra le nubi sopra di noi. decidiamo di scendere lungo la cresta in direzione di Pontebba, e di ritornare alla sella della Pridola per la vecchia mulattiera militare che costeggia il fianco est del Malvuerich. Per Stefano è la prima invernale, e seppur "piccola" la definisce: "semplicemente stupenda".

lunedì 10 dicembre 2007

Amariana 2007

Anche quest'anno si è rinnovato l'appuntamento alpinistico all'Amariana, dalla cui vetta per tutto l'anno la Madonna assiste alpinisti credenti e non nel girovagar per monti.

Quest'anno ho rinunciato alla cima, poichè da alpinista pronto a tutto ho lasciato a casa i ramponi e i 5-1o cm di neve caduti nella notte, con i primi freddi del mattino avevano gelato rendendo poco simpatico il procedere. Mauro e Stefano han raggiunto la cima, seguendo i passi di chi, ramponando, "arava" lo strato ghiacciato, che dopo poco rigelava, e non facilitava la discesa dalla cima.

Poichè, come si dice al mio paesello, "la benedizione passa 7 muri" io che mi son fermato alla base del canalone... anche quest'anno sono a posto...

-dal canalone sottostante la cima verso Plauris, Chiampon e San Simeone-

giovedì 6 dicembre 2007

Più che crisi, stanchezza...

Più che crisi , stanchezza….

Il primo di dicembre, a me come agli altri membri del gruppo rocciatori, è arrivata una mail da parte di Silvan. Iniziando con i saluti di rito, è poi andato subito al nodo della questione:
“Si parla della nuova palestra, si parla di creare una scuola di alpinismo dove l’attività è davvero poca. Siete disposti a far crescere il gruppo? Se si, dove siete stati fino adesso?”
Le parole non saranno proprio le stesse, ma il senso non l’ho tradito. Personalmente la mail di Silvan non l’ho presa come un atto d’accusa nei confronti di nessuno, ma come il necessario spintone (magari per qualcuno brusco, ma forse chi lo ritiene tale non ha capito cosa vuol dire appartenere al gruppo) per scuotere dal torpore del letargo gli Orsi.
Torpore dovuto a tante cose: impegni di lavoro, di famiglia, un po’ di pigrizia, altri interessi; tutte cose che possono portare ad un rallentamento dell’attività alpinistica, non sono scuse, è la realtà quotidiana.
Dopo questo preambolo voglio fare una personale riflessione sulla situazione del gruppo di cui, a rilento, faccio anch’io parte e di cui sono fiero di esserne stato a capo per un periodo. Voglio partire da due spunti provenienti da due persone diverse, con diverse esperienze alle spalle.
Il primo viene da Reinhold Messner: in una trasmissione televisiva di qualche tempo fa al giornalista che gli chiedeva se si sentiva un grande alpinista rispose che, un grande alpinista è un alpinista che muore in tarda età, e si è alpinisti andando in montagna.
Il secondo mi viene da Daniele Maran, un amico scomparso di recente, a cui avevo dedicato sul Sentiero l’articolo “La Montagna vista dal basso” giusto un anno fa. Daniele, a causa di una malattia debilitante era stato costretto a lasciare l’alpinismo e la montagna in generale, ma la sua filosofia era quella di andare, sempre e comunque, difficile o facile, andare.
In conclusione non ci vuole sangue e sofferenza per risollevare il gruppo, basta un po’ di voglia di fare. Non si è obbligati a fare il 9a, o il XII in parete, si può fare anche il 5a/5b e il III/IV, ma andiamo a farlo, l’alpinismo di elìte non è per tutti su questo siamo d’accordo, i “Bubu”, i “Gnaro” Mondinelli, i Benet & Meroi, i fratelli Huber son pezzi unici, riferimenti di passione e dedizione, ma l’Alpinismo dei” domenicali” come si definisce con semplicità e umiltà il nostro Fabrizio ( a 48 anni istruttore di arrampicata libera fresco di nomina, Chapeau!) è alla portata di Noi tutti.
Basta un po’ di fantasia e di voglia di andare.
Ai primi di novembre durante una gita alla spalla del Duranno con Nadia, ho visto la parete della Palazza, dove con Fabrizio e Matteo qualche anno fa ero andato ad aprire una nuova via.
E’ancora da finire.
È un cantiere aperto.
E anche il Gruppo Rocciatori è un cantiere aperto.
Non è finito, servono maestranze.
Silvan è al lavoro, come altri già da un po’, ma c’è spazio per tutti.

martedì 4 dicembre 2007

Un pò di sole c'è?

Un'altra domenica che trascorre le sue ore tra le nuvole occupate a nascondere il sole...

E così ci si ritrova sotto un cielo grigio, con il naso all'insù a chiedersi "Beh? Dove andiamo?" La scelta cade sul Monte Cimadors, nel gruppo del Sernio-Grauzaria, un bel balcone panoramico con il bel tempo, ma oggi? Mal che vada la sottostante casera, ristrutturata di recente, almeno offre riparo dalla pioggia.

Lasciata l'auto a Badaiùz, sperduta frazione di Moggio (un plauso a chi decide di viverci!) ci si inoltra nel bosco per un ripido sentiero che costeggia il fianco dirupato della montagna, e che con il bel tempo ci offrirebbe una bella visuale sul Cjavàls, sul Zùc dal Bôr e sul Pisimoni. In un'oretta si giunge alla casera Cimadors, posta in un bello spiazzo prativo.

Dalla casera il sentiero prosegue e si collega alla Cengle dal Bèc sulla Creta Grauzaria, una volta arrivati alla sella che si affaccia sul ripido canalone che riporta all'abitato di Grauzaria, sulla sinistra si stacca il sentiero che ripidamente e rapidamente porta al Cimadors.

Arrivati sul cimotto il Buon Eolo, con un soffio, ci regala un fugace sprazzo su Sernio e Grauzaria, per poi richiuderci subito la visuale e lasciarci la vista del fondovalle.

Indy fa il suo solito circo in cima, rendendo difficile mangiare un panino in santa pace: di li a poco la sua esuberanza verrà frenata da un terranova di 75 kg che un padrone un pò coglione non bada a tenere al guinzaglio: il vitello peloso azzanna Indy ad una zampa, che dal canto suo non ci sta a farsi metter sotto e benchè al guinzaglio cerca di difendersi; alla fine fasciatura e tre punti dal veterinario per Lui.

E un mesetto senza montagna!!

lunedì 3 dicembre 2007

Purcitade 2007





Anche quest'anno, come da tradizione si è tenuta la Purcitade, ovvero il maiale si è immolato per il nostro palato!


Han iniziato di prima mattina i preparativi e alle 8 di sabato 1 dicembre il Buon Porco aveva già raggiunto i Pascoli Celesti, dove grufolare per l'eternità (magari preferiva farlo nell'aldiquà piuttosto che nell'aldilà)!


Giornata di festa e di libagioni più o meno moderate quindi, e il clima, da parte sua, aiutava a darsi coraggio con un bicchiere di vino, parlando del più e del meno e di cosa fare l'indomani in montagna, con l'incognita del meteo, che non prometteva una bella giornata.


Dopo aver sezionato la bestiola si è proceduto al rito del fegato con la cipolla (la colazione dei campioni??) e in tarda mattinata a quello (certamente più gradito) del panino con la bistecca: dite quel che volete, ma appena macellata è la morte sua!!


Di seguito si è proceduto all'insaccatura e a qualcuno è toccato il compito di recuperare la misura dei salami....

.. che qui da noi non è un compito molto facile!!

E il poveretto a cui è toccato in sorte (...) l'arduo compito non sempre si rivela all'altezza, tra la gioia dei lavoranti!!!