Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

martedì 25 febbraio 2020

Ari & Apu, Cavallo di Pontebba

D'inverno, più volte, scendendo dal Monte Cavallo, o dalla Torre Clampil, l'occhio scrutava curioso la lunga bastionata delle pareti nord. L'evidente e conosciuta linea della Schiavi è la Regina di questa parete. Relativamente facile, d'inverno acquista l'eleganza di una classica invernale. Poi, un pò più a destra, un'altra linea conquista l'attenzione degli occhi bramosi delle opportunità che la stagione bianca può offrire. Più volte ha chiesto attenzione, ma non andai mai oltre a leggere di lei sulla guida delle Carniche. 
Rimase li. Un progetto, tra i tanti in attesa.
Poi, come spesso accade nella vita, le cose si ripresentano d'improvviso, belle e fatte, ma non per questo meno intriganti. 
Grazie ad Alex Franco e Massimo Candolini la via Ermanno, salita da Ceccon e Domenis nel 1971 (IV+, III), rinasce nell'inverno più strano degli ultimi anni e viene ribattezzata Ari & Apu (M4, 70°).
Un veloce scambio di informazioni con Alex e poi, con Carlo, si parte.




La traccia sale verso la Schiavi e la sfruttiamo fin dove possibile, poi ci inoltriamo sulla coltre bianca e vergine. La neve pesante si attacca e rallenta il passo. Un sole alto e caldo di metà febbraio toglie il fiato, mentre cerchiamo di raggiungere la linea d'ombra che, speriamo, ci restituirà l'atmosfera invernale, con le sue consistenze e il suo gelido abbraccio.


Arriviamo alla base della parete finalmente, e ci prepariamo. Non certo in silenzio, con Carlo è difficile. Un sorso di te e raggiungiamo con calma speranza l'attacco. La neve è ancora pesante e siamo dubbiosi sulla condizione in parete.



Attacco il primo tiro di misto e appena le lame delle piccozze saggiano la neve mi tranquillizzo. Le sento mordere decise e sicure, mentre le punte dei ramponi cercano le rughe della roccia. La neve scricchiola, opponendo una tenace resistenza.
Mi alzo velocemente, fin troppo. Quasi mi perdo il piacere della salita nella slancio di salire lungo la lingua di neve e roccia che mi porta alla prima sosta.
Riparto guardando in alto, il confine netto tra il blu del cielo e il bianco e grigio della parete, è come il richiamo di una sirena. Carlo mi raggiunge sorridente e riparte veloce.








Niente parole, solo sensazioni.
Un brivido freddo di piacere percorre il corpo fino a quando, troppo presto, la parete diventa un ricordo sotto di noi.
Ancora un'inverno strano ci accoglie in cima, soffiandoci sul viso un vento caldo. Le Alpi seminude si stagliano tutt'intorno a noi mentre proseguiamo verso la dorsale dove corre la Ferrata Contin, sommersa dalla neve. 







Scendiamo velocemente il ripido pendio slegati, fino a giungere in forcella. Ancora uno sbuffo caldo, mentre guardiamo il vallone del Winkel, ai nostri piedi, ammantarsi d'ombra, nel pomeriggio.
Scendiamo ancora.

Ancora una volta quella linea elegante rapisce lo sguardo.
Questa volta l'abbiamo conosciuta nella sua bellezza.

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