Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

giovedì 5 agosto 2021

Col Nudo

La lunga dorsale che dal Col Nudo scende a Piancavallo è rimasta per anni una terra inesplorata, sconosciuta. Ne vedevo le cime dalla Val del Piave o salendo la Valcellina, ma tranne che per qualche cima minore e discosta, o per qualche fondovalle remoto in cui addentrarsi alla ricerca di ghiacci invernali, non mi ero mai avventurato lungo quelle creste che fin dalla gioventù sognavo di percorrere.

Come per tutte le cose, il momento giusto arriva, per cui propongo a Nadia di andare a vedere le pareti del Teverone che precipitano nell'alta Val Chialedina, lungo la ferrata Costacurta, terre inesplorate anche per lei, per cui si decide, finalmente di andare. Nonostante qualche lieve perplessità appena abbozzata, l'ultimo fine settimana di luglio saliamo nel cuore dell'Alpago.

Le prime luci del mattino sono lattiginose, le brume salgono dai boschi di fondovalle e si arroccano sulle cime, cingendole di grigio, come il silenzio che mi sento addosso mentre ci prepariamo. Lo sguardo sale in alto, verso le cime che sono desideroso di conoscere, ma che si nascondono alla vista. 





Lasciata l'auto nei pressi di casera Stabali ci inoltriamo lungo il sentiero che risale il Venal di Montanes. Lasciata alle nostre spalle la casera Scalet Bassa proseguiamo lungo il sentiero che inizia a farsi ripido, ed entriamo nel cuore del bosco. L'aria umida e calda si stringe alla pelle per trasformarsi in gocce di sudore che bagnano i nostri corpi. Lo sguardo scruta tra le chiome, cercando le cime, ma si perde nella nebbia. Una lieve amarezza si insinua tra i passi, mentre salgo. Arrivati nella piana di Casera Scalet alta il panorama non cambia, anche se gualche pennellata di azzurro si intravede sotto la patina grigia che tutto ricopre. Seguiamo il sentiero che, passando sotto le pareti di Cima Valar sale alla Forcella Bassa dietro il Teverone. Il largo vallone che sale si perde, indefinito, tra le fosche cortine che calano. Siamo in mezzo al nulla, e sconsolato, chiedo a Nadia se vuole proseguire o tornare sui nostri passi. Carta alla mano, studiamo la situazione. La tristezza di una giornata che sembra buttata alle ortiche si fa strada dentro di me: siamo lontani da piani B o C. Alla fine, mentre le quinte grigie verso la forcella sembrano darci speranza, decidiamo di proseguire. Spunta il sole, sopra un ribollire di vapori che salgono dalle  profondità della Chialedina.






Giunti in Forcella un carosello di nuvole e luce ci accoglie, per un lungo attimo sembrerebbe che il nostro progetto possa realizzarsi, ma come un mare tempestoso, le nebbie risalgono, spumeggianti, verso la parete, sommergendola nuovamente.

Puntiamo a nord, dove il Col Nudo si staglia contro un cielo azzurro. Seguiamo il consiglio, mentre, dietro di noi, il Teverone scompare nuovamente, inghiottito dal torbido, come una nave che fa naufragio. Percorriamo tra fioriture che cambiano ad ogni svolta, il Troi de la Cavala, che passando a est della Pala di Castello ci porta ai piedi del Col Nudo, al passo di Valbona.















Mentre le nuvole continuano le loro danze senza fine, ci prendiamo il tempo di riposare e di godere del panorama, per quanto concesso. Dal passo il sentiero sale tra verdi e rocce, alla Cima Lastei e poi, lungo una breve cresta friabile, alla cupola detritica del Col Nudo. Saliamo lungo i pendii sommitali, mentre il cielo cala nuovamente, grigio e rorido, ad avvolgere la cima. 










Sebbene raggiunta la cima , questa zona rimane ancora inesplorata agli occhi. I panorami restano sconosciuti, celati dietro quinte grigie e dispettose. Torno indietro, verso Cima Lastei, dove Nadia, mi aspetta. Non si vede nulla, il grigio della pietra che i passi calpestano si confonde con le nuvole. Non so dove sono, non riconosco i passi compiuti poc'anzi, se non fosse per qualche bollo rosso sbiadito. Raggiungo Nadia e, come uno sberleffo, la cima del Col Nudo si apre il tempo di un sospiro, grigio tumulo di pietre sullo sfondo di un paesaggio che resta da indovinare.



Torniamo sul nostro cammino, verso passo Valbona, e iniziamo la lunga discesa verso il Venal di Montanes, aggirando il solitario Col di Piero, e raggiungendo i pascoli abbandonati di casera Scalet Alta, dove chiudiamo il nostro anello, prima di scendere, nel bosco ripido, al parcheggio.





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