Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

mercoledì 12 novembre 2008

Sentieri silenziosi

Dopo un rimpallo di impegni degno di un flipper ci ritroviamo sabato sera a decidere cosa fare: il pranzo per il compleanno di mia mamma era slittato alla sera per spostamenti di turno di mia sorella; si poteva andare alla chiusura con gli altri del Club, ma il fegato probabilmante ne avrebbe risentito dalla sommatoria di pranzo e cena e allora? Alla fine decidiamo per una sgambatina al Cuel de la Bareta, partendo da Patocco, in Raccolana. Lungo un percorso dal fascino silenzioso e dagli echi di un lontano passato.
Al mattino partiamo con la nebbia, che man mano ci avviciniamo alle montagne cede il passo ad alte nuvole grigie e a sprazzi di sole.
Sui ripidi e stretti tornanti prima di Patocco Indy si fa sentire dal trasportino: tranquillo che siamo arrivati.
Sulla piazzetta di Patocco ci accoglie il saluto di alcuni paesani intenti a lavori di ristrutturazione del tetto della chiesa: "Eh! Vegnarès ancje io a fa un gir fin sul Cuel! Invecit i sin chi a fà opare pie!"
Salutiamo i pii lavoranti e ... ci perdiamo a Patocco! A volte succede! Mentre ammiriamo l'architettura di alcune casette prendiamo una traccia che entre nel bosco. Dopo un attimo ci accorgiamo dell'errore e torniamo sui nostri passi per prendere la carrareccia che ricalca il vecchio sentiero fino a una presa d'acqua, da dove riprende a salire il vecchio sentiero. Indy richiamato dal suo gironzolare scodinzolante, pensa bene di tagliare su dritto per uno strapiompo friabile a al sottoscritto tocca recuperarlo per il collare, una volta incrodato!!
Saliamo nel bosco di abeti alternati a faggi fino a incontrare la Via Alta che scende dai Piani del Montasio: da qui il sentiero corre tutto in quota, con brevi saliscendi.
Con il sole che filtra dai rami, il sentiero silenzioso ci avvolge con la sua bellezza, e la vista sulla Raccolana con i vapori del mattino che si dissolvono è quasi magica.

Proseguiamo lungo la Via Alta in direzione di Dogna, rasentando i ruderi dello Stavolo Chinòp, sulle pendici del monte Jovet. Passando su alcune rientranze dei ripidi fianchi rocciosi della montagna arriviamo in vista della Forca Galandin, esile e dirupato confine tra gli opprosti versanti dello Sflamburg.


Percorriamo il sentiero scavato nella roccia, volgendo lo sguardo all'abisso, quando , all'improvviso uno scatto di Indy mi fa sobbalzare: a lato del sentiero un giovane esemplare di camoscio dorme placido nel sonno eterno. Probabilmente un malore lo ha colto durante il passaggio e ora giace a fianco del sentiero, guardando il viandante con gli occhi sbarrati.

Il sentiero si fa un pò franoso mentre entriamo nel bacino del Rio Cadramazzo, che ci introduce alla vista della gola del Rio Fontanis, che con le nuvole che vi aleggiano sopra pare un ingresso infernale di dantesca memoria.
Passiamo oltre un tratto friabile, agevolato con qualche cavetto e guadagnamo nuovamente un comodo sentiero.
Arriviamo nei pressi di ciò che resta di un ricovero in legno, incassato in un'ansa del sentiero e scendiamo dolcemente verso il Rio Livinal, dove incrociamo il sentiero che scende a Cadramazzo, che ci appare al sole nel fondovalle.
Il silenzio tutt'intorno è maestosoe selvaggio, come l'ambiente che ci circonda.
Ad una svolta del sentiero c'è una vecchia vasca per la raccolta dell'acqua, ormai siamo vicini alla selletta dove il sentiero si biforca: lasciamo alla nostra destra il sentiero che scende in Val Dogna, e proseguiamo lungo la dorsale boscosa che ci porta verso la cima.
Tra la boscaglia ci appare grigio e spettrale lo scheletro della stazione della teleferica, poco oltre, nascosto tra i mughi l'ingresso di una breve galleria.
Procedendo nel letto di foglie rosse saliamo verso la sommità, guadagnando ampi scorci di panorama sul Canal del Ferro.
Poco sotto la cima vi è l'ingresso del sistema difensivo in caverna del Cuel de la Bareta: nove ampie stanze per cannoniere, puntate verso gli obiettivi strategici della zona.
Saliamo sull'ampia vetta con un piccolo cippo e un grande.... tavolo di legno con due panche!
Poco sotto, al riparo dal vento un altro intabarrato gruppetto di escursionisti cerca riparo dal vento in un avvallamento: pensavamo di essere soli e invece no!
La cima è uno splendido punto panoramico: il Montasio cela la sua vetta sotto un cappello di nubi, ma la sua mole appare enorme e vestita delle prime nevi autunnali.
La vista arriva fin su a Sella Sompdogna; Jof di Miezegnot, Piper, Due Pizzi, Schenone e Jof di Dogna ci si parano davanti.
Il vento freddo sferza la cima, mangiamo frugalmente e scendiamo a visitare il complesso di postazioni sotterranee. Al riparo dal vento! Non prima di una foto in cima però!
Iniziamo il rientro lungo la via dell'andata, di nuovo immersi nel silenzio del bosco. Il sole si fa sentire ancora caldo in questo principio di novembre, e la discesa è gradevole. I pensieri corrono liberi, accompagnati dal fruscio delle foglie sul sentiero. Indy segue chissa quali odorose tracce e marca il territorio con cadenza precisa. Ormai è padrone di mezze Alpi friulane!
Sul Rio Livinal ritroviamo il gruppetto della cima, scende a Cadramazzo dopo aver invano cercato il sentiero per Dogna. Eppure dalla cima lo si vedeva bene! Boh! Salutiamo e proseguiamo oltre. In leggera salita torniamo verso la gola del Rio Fontanis, che sgombra dalle nebbie perde l'infernale apparenza del mattino.
Il sentiero sale calmo verso forca Galandin nel tiepido pomeriggio. Velocemente scendiamo lungo la via, deviando un attimo verso la Galleria del Chinòp, altra opera della Grande Guerra. Nadia si lancia pila in mano alla sua esplorazione seguita da un coraggioso Indy, che poi scopre di avere un pò di paura del buio! Ma dopo qualche richiamo "gentile" corre eroicamente verso l'uscita, e la luce!
Ormai Patocco è vicino, e ci arriviamo poco dopo le tre, ritrovando le pie maestranze sul tetto della chiesa: "Viodeiso ca son tornas i nestris amis!" ci apostrofano dalla sommità. Scambiamo due parole sulla giornata e scendiamo verso casa. C'è una mamma da festeggiare!

7 commenti:

Anonimo ha detto...

bel giretto, peccato per il tempo perchè c'è proprio un bel panorama su questa piccola cima.


E'stato bello perdersi a Patoc?

Mandi
Luca

Anonimo ha detto...

la via alta è un progetto che covo da tanto, e le foto cha avete fatto sono un invito a farla.
povero camoscio!!

Anonimo ha detto...

però! sabato nelle nevi, domenica al sole! che stagione! bella la via alta, l'ho fatta nel 2005 dai piani a dogna e rientro per la norina, dormando al cividale. girone!!
però il cuel da la bareta non l'vevo preso in considerazione

Anonimo ha detto...

bel giro, ricordo di aver letto qualcosa riguardo la via alta. ma non ho mai approfondito, poichè mi avevan detto che era abandonato, per cui pensavo fosse impraticabile

ho visto palestra su sito orsi, bel progetto. complimenti

Anonimo ha detto...

senza toccare grandi cime, un percorso a mezza montagna di grande fascino

enzo molinari ha detto...

Ciao, sono enzo, e faccio parte di quel gruppetto che cercava il segnavia per dogna.. oggi (16-nov) sono tornato per "completare" la mia traversata, questa volta sono partito dalla passerella per la norina in val dogna.
il sentiero 619 è praticamente senza segnavia o cartelli, bisogna affidarsi al proprio istinto e prepararsi a passaggi da "boscaiolo" tra i mughi che hanno praticamente invaso più volte il sentiero già poco marcato.
Arrivati al cuel de la bareta abbiamo constatato che sono completamente sbiaditi tutti i segnavia e il letto di foglie nasconde qualsiasi traccia.

Nonostante tutta la fatica rimane intatto lo spettacolo offerto da queste impervie e ancora selvagge vallate.

Dalla val dogna fino a raccolana 619+620 mettete in preventivo 8 orette.

buone camminate a tutti.
enzo.

PS. complimenti per il sito.

Luca l'Alpinauta ha detto...

soon sentieri silenziosi e dimenticati, penso che quella domenica che ci siamo incontrati abbiamo fatto il record di presenze!