Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

giovedì 11 aprile 2013

Bivacco Brollo

Sono le sei e quaranta quando lasciamo la macchina. Il cielo è lattiginoso e fa freddo, molto freddo. Imbocchiamo la strada che attraversa il greto del Torre e passiamo nei pressi di un piccolo allevamento, dove l'unico ospite sveglio è un asinello che ci guarda con fare tranquillo, sembra chiedersi "e questi due dove vanno?".

Già dove andiamo? Non ricordo più il sentiero, ma Stefano è sicuro. Del sentiero è sicuro, di non addormentarsi un pò meno, essendo andato a dormire alle quattro e svegliato alle cinque... vabbè, al massimo lo lascerò appoggiato ad un albero!
Sopra di noi il cielo inizia a tingersi dei colori dell'alba, che pennellata dopo pennellata passano dal dorato al blu intenso di una bella giornata. 


Il sentiero sale costante e rapidamente guadagniamo quota. Da lontano i Musi sembrano un'erta bastionato, ma quando percorri il sentiero che sale al bivacco ed alla cima scopri terrazze erbose, canaloni e quinte rocciose che da sotto non si riesce a intuire.
Iniziamo a salire lungo un canalone, verso il cielo blu: la neve è dura ed è meglio calzare i ramponi.
Un'altra quinta da superare. Ora nel bosco esposto a nord iniziamo a sprofondare un pò. Iniziamo a traversare in direzione della cima, carica di neve e libera da nuvole. Siamo un pò disorientati in questo mare bianco e quasi verticale. 






Ci chiediamo dov'è il bivacco finché, oltrepassato un fianco, vediamo una sella con un piccolo cartello che indica la collinetta sopra di noi.
Saliamo dritti lungo il pendio ghiacciato. La neve scricchiola dura sotto le punte dei ramponi.
Ecco il bivacco!



La cima è a portata di mano, anche se sembra lontana. A uno sguardo attento rivela un canalone carico di neve ventata e una grossa cornice in cima.
La neve inizia a scaricare, si fa molle e pesante, nel calore della tarda mattinata.
Decidiamo di scendere, la cima non è affare per oggi.
Torniamo sui nostri passi, anche se è più giusto dire che ci sprofondiamo nei nostri passi.
Tutto il tempo e la fatica spesi nel salire, evaporano velocemente in discesa.

Arriviamo all'auto nel tepore improvviso della primavera.
Il vento soffia dalle cime e ci porta la loro voce, il loro saluto. Ora è tempo di raggiungere gli amici.

2 commenti:

Carlo de Ts ha detto...

cayo ma le foto del dopo? brigante!
tutto ben per il resto? saluti da un triestin a bordeaux

Luca l'Alpinauta ha detto...

carlo le foto del dopo erano poco alpinistiche ah ah ah