Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 2 settembre 2017

Kleine Gamswiesenspitze

Quasi dimenticata, a volte tornava a trovarmi nei pensieri. Fissavo la parete cercandola, cercando distrattamente il sentiero che mi avrebbe riportato a lei. Nascosta sui ripiani, piccole cenge tra montagne di libri.
Passaggi obbligati per trovare la via.
Poi d'improvviso mi capitò tra le mani e decisi che era il momento di andare. Dopo qualche anno dall'acquisto era giunto il momento di usarla.
Inizio a sfogliare la guida con Nadia accanto, sorrisi, smorfie, cenni col capo. Alla fine scegliamo un pò di vie interessanti per iniziare a far conoscenza con la roccia delle Lienzer Dolomiten.
Pareti che hanno visto salire personaggi come Toni Egger.
Pareti che già ci incuriosirono qualche anno fa, quando le visitammo per percorrere una delle molte belle vie ferrate della zona, e che ci fecero promettere di tornare a fargli visita, legati assieme lungo i loro spigoli o le loro pareti.


Il cielo azzurro si lascia intravedere tra le cime fitte degli alberi mentre saliamo alla Dolomiten Hutte. Il ragazzo alla sbarra ci augura buone scalate con un largo sorriso. Il parcheggio è insolitamente vuoto e questo non mi dispiace, aggiunge maggior intimità alla giornata. Prepariamo il materiale, zaino in spalla e via lungo l'Egerlander Weg, alla scoperta di un piccolo paradiso in terra.
Saliamo con calma, gli sguardi si cercano silenziosi, a volte cercano la nostra meta, che solamente dopo qualche svolta della strada, inizia lentamente a rivelarsi.



La piccola cima fa capolino dietro il Grosse Gamswiesenspitze, ma si fa riconoscere per le sue lisce placche verticali. Il bosco inizia a diradarsi, lasciando spazio a prati e ghiaioni.





Imbocchiamo una traccia che sale a destra, verso le pareti assolate, salendo ripide ghiaie. Il caldo e la fatica ci invitano a fermare il passo, a trovare l'attimo per parlare, magari quasi litigare, per poi tornare con un sorriso a ricominciare a salire verso l'attacco. 
In cima al ghiaione ora siamo di fronte alla parete: liscia e compatta. 
Ci prepariamo, ci guardiamo sorridendo e diamo inizio ad un'altra avventura assieme.
La roccia è solida e appigliata e salire è solo divertimento, quasi senza via obbligata, salgo il primo tiro, raggiungendo in breve la prima sosta.




Raggiunta la grande cengia che divide in due la parete inizia il tratto più aereo della salita. Salgo un'altra placca compatta in direzione dello spigolo, sotto di me Nadia che cerca di ricordami che ogni tanto dovrei "anche" proteggere, ma la salita è cosi bella che, tra uno sgrunt e l'altro, arrivo direttamente in sosta...
Lo spigolo sopra di noi veleggia sul vuoto, il taglio netto della placca guarda al precipizio con una grandiosa ed esaltante esposizione.
La roccia compatta non offre grandi possibilità di protezione, e mentre salgo, penso a Thaler e Leinveber, i due austriaci che salirono, con i semplici mezzi dell'epoca,  la linea nel lontano 1939, all'alba dell'Apocalisse che avrebbe travolto tutto da li a poco.
Penso al piacere che provarono, prima del triste buio. Arrivato in sosta scaccio i pensieri cupi da questo giorno di sole e mi guardo in giro mentre recupero le corde.
Cerco lo sguardo di Nadia mentre sale, lo intuisco teso " dai che questo tiro è bellissimo (basta non guardar giù, ma lo sai gia)". Sento la sua tensione, la sento sciogliersi sui comodi appigli del tetto sotto la sosta mentre mi raggiunge.





Il "difficile" è alle nostre spalle e, un'ultimo, semplice tiro ci porta sull'esile filo di roccia della cima. In equilibrio sulla gioia che si conquista salendo in alto, dove il solo guardare ti porta, se possibile, ancora più su, lontano da tutto e immersi in esso.






Come spesso accade, non si vorrebbe mai scendere, persi nella contemplazione di quanto ci circonda. Il tempo scorre veloce, troppo, si sfilaccia come le nuvole che si rincorrono in cielo e perde consistenza, importanza, lasciando piccole isole di ricordi da portare appresso, come backup.
Con un sospiro raccogliamo lentamente le nostre cose e iniziamo la discesa lungo il sentiero attrezzato che sale dal Kerschbaumer Torl.






Ora le difficoltà sono finite del tutto. Il sentiero scende tranquillo  lungo ghiaie fini, verso i prati verdi che circondano la Karlsbader Hutte.
Con fresca nostalgia lo sguardo torna a salire lungo le pareti, indovinando le altre linee studiate, mentre un altro sospiro ci accompagna, lungo la strada, nuovamente alla Dolomiten Hutte, 







Nessun commento: