Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

domenica 21 marzo 2021

Cima di Mezzo

Un pò a causa della primavera, un pò a causa del periodo che viviamo, un pò a causa di Tigro che viene a reclamare la sua libertà ad ore antelucane, è da qualche giorno che la voglia di alzarmi presto la mattina, per andare a fare quello che mi piace, gioca a nascondino. Fondamentalmente credo di essere pigro nel profondo di me stesso. Anche se probabilmente è una scusa per bilanciare la voglia di far fatica, il desiderio di andare a cercare difficoltà inutili, di amare il rischio sottile. Una sorta di algoritmo psicologico per restare nella media. Calcoli. Calcoli che vanno all'aria all'improvviso appesa scivoli fuori dalle coperte. Appena sali in auto e punti verso il cuore, verso l'essenza della vita che ami.
E' con questo algoritmo che elaboro il messaggio di Nadia, a metà settimana., per il sabato:
"partenza alle 5.00, arrivo al Tolazzi alle 7.00, Marinelli alle 9.00, Cima di mezzo alle 11.30" 

Da una parte il tepore delle coperte del sabato mattina, dall'altra l'ultimo giorno in arancione prima della zona rossa. Da una parte l'essere tutt'uno col cuscino, dall'altra il vento che ti abbraccia sulla Cima di Mezzo, mentre mentalmente mandi a quel paese un ridicolo "algoritmo" di cui sai che nulla ti interessa, perchè il tuo "star bene" è altrove.

Suona la sveglia, ascolto i rumori del risveglio e resisto davanti al nemico fino all'ultimo, fino a quando mi alzo e mi infilo nei vestiti che mi fanno star bene. Colazione veloce e si parte, subito dopo il finire del coprifuoco, per andare incontro al nascere del giorno.

Strade deserte ci accompagnano fino al parcheggio del Tolazzi. Vuoto, tranne che per due auto. L'odore è quello di gente come noi. Imbocchiamo la strada ghiacciata in silenzio. Il blu dell'alba cede gradatamente il passo alla luce grigia del giorno. Il sole fa capolino da oltre le creste del Floriz quando siamo in vista di Malga Moraretto. Ci alziamo lungo il pendio evitando una larga valanga che sbarra la strada verso la malga, e seguiamo la forestale che ci porta alla base del Vallone del Ploto.






Iniziamo un ampio zig zag che ci porta in direzione di forcella Monumenz. Il grigio che avvolge le cime sopra di noi a volte si squarcia rivelandoci il blu profondo che si allarga sopra di noi, sopra di lui. Continuiamo a salire con calma, mentre, il bianco ed il grigio si confondono, ora vicino, ora lontano, come un gioco di quinte in un teatro. 





Raggiunta la forcella le lievi tracce che ci precedono si perdono nel nulla. Avanziamo guadagnando pochi metri alla volta di visuale. Un'improvvisa schiarita ci rivela chi ci precede, per lasciarci nuovamente nel tedio dell'incertezza. Un'attimo di sosta nell'attesa di una visuale più ampia che non arriva. Poi nella luce intorpidita del sole una voce sopra di noi ci dà una direzione. Affrontiamo il pendio erto e arriviamo alla spalla delle cresta sud. Un breve soffio di vento ci fa vedere per qualche secondo chi ci precede salire fra rocce rotte verso il nulla.



Salite le roccette, ci troviamo ancora immersi in una sfera grigia, sempre con l'occhio teso a cercare una traccia di passaggio. Saliamo, ombre tra le ombre, senza che le distanze possano essere intuite. Poi ancora le voci, ora in discesa, appena sopra di noi. Un saluto veloce, ed un largo sorriso appena ci si riconosce. La solitudine cinerea che ci accompagna tutti, accentua il piacere di ritrovarsi. Tra promesse di favolosi panorami in cima e giuramenti di rappresaglie in caso contrario, ci salutiamo ridendo. 

E' la prima volta sulla Cima di Mezzo, sia per me che per Nadia. In tanti anni di montagna è l'unica cima della zona che manca all'appello e farla in invernale aumenta il piacere della salita. Raggiunta la cima cerco la piccola croce con la campana, quasi a tentoni, quando un'impertinente sbuffo di vento ci rivela che siamo sull'anticima. Un ultimo sforzo, più di volontà che fisico ci porta alla piccola croce, che si erge sul bianco nulla. Il vento freddo non invita a sostare a lungo. Immersi in un pallore senza brio, ci godiamo i pochi metri di panorama accompagnandoli con un te caldo. Le mani intirizzite  si rianimano dolorosamente mentre ci apprestiamo a scendere.



La cupa bolla che avvolge le cima si allarga e ci permette di scendere tranquillamente. I ramponi mordono la superficie dura e scendiamo velocemente, fin quando la bolla esplode e le nebbie ci avvolgono d'improvviso. In un attimo perdiamo qualsiasi riferimento. Cerchiamo tracce di passaggio, ma il vento leggero sposta i cristalli e si diverte a far sparire le tracce. Risaliamo verso punti conosciuti che non troviamo. Vaghiamo qualche lungo minuto in cerca di un segno di passaggio. Il whiteout ci ha sorpreso.

In pochi minuti i pensieri si accavallano, cercando una soluzione. Ci fermiamo, aspettiamo. Un lieve chiarore ci mostra degli esili indizi di passaggio. Li seguiamo con attenzione e senza fretta,  un breve viaggio verso l'ignoto. Veloce come ci ha avvolti, così, d'improvviso si dipana e ci troviamo di nuovo su un terreno famigliare. I passi tornano veloci e sicuri. Raggiunta la testata della cresta, raggiungiamo anche la tranquillità.

Scendiamo ancora, stando sotto le pareti, verso la forcella Monumenz ed il vallone del Ploto.



Le nuvole sono ormai sopra di noi. 


2 commenti:

giovanni ha detto...

peccato per la fumate!
mai salito con la neve, deve essere stato bello!
mandi,

Nadia ha detto...

Ciao Giovanni, ho visto foto di amici che lo hanno fatto pochi giorni prima con il bel tempo ed effettivamente è davvero una meta stupenda! Toccherà tornare...ora che conosciamo la strada!