Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

domenica 17 gennaio 2010

Rispolveriamo gli imbraghi!

Gia da una decina di giorni tengo sotto controllo il meteo e per questo sabato il sole è garantito! Con un giro di sms alle "girls" organizzo un uscita per rispolverare gli imbraghi dopo mesi e mesi (nel mio caso un anno e mezzo!) di inutilizzo.
Seppiù che uno non scelga qualche falesia per arrampicare, le ferrate a bassa quota scarseggiano. L'unica fattibile è la B.Biondi in Val Rosandra, gia percorsa tre volte e ottima per allenarsi.
Così sabato mattina, dopo avere prelevato Enrica, puntiamo l'auto verso il casello di Palmanova, dove ad attenderci c'è Silvia. Imboccata l'autostrada in direzione Trieste, puntiamo alla volta di Basovizza e imboccata la stradina per il monumento alle foibe, raggiungiamo poco dopo il paesino di San Lorenzo e il parcheggio per il belvedere sulla Val Rosandra. 
Aperte le portiere dell'auto un vento patagonico che nel meteo su internet definivano moderato borino, ci assale: beh, se non altro l'imbrago servirà a non farsi spazzare via dalla ferrata!
Indossati berretti e guanti imbocchiamo il sent.1 e al bivio il 49a e passata la grotta con panca e tavolo raggiungiamo l'attacco della ferrata. Qui fortunatamente siamo al riparo dal vento e indossati gli imbraghi mandiamo avanti Silvia per il suo "battesimo" della ferrata.


Il sole scalda la parete che percorriamo ma i nostri muscoli da tanto inutilizzati sono "durs come cuargniui"!!!! Arrivate a un canalino verticale abbiamo l'onore di sentire Silvia imprecare alle prese con la dura risalita! Ma come? Silvia che va su dappertutto che impreca e arranca? Io ed Enrica quasi la prendiamo in giro ma quando arriva il nostro turno smettiamo subito e abbiamo il nostro bel da fare a risalire l'infido e ripido canalino! Ma come avevamo fatto le altre tre volte????

Le difficoltà sembrano enormi senza il dovuto allenamento e depresse quasi decidiamo di abbandonare l'impresa ma sostenendoci a vicenda andiamo avanti riposandoci nei tratti più semplici.

  

                                                                
Il vento sul pianoro sommitale continua a soffiare forte ma dove ci troviamo siamo riparate e nonostante la foschia che alleggia sul mare ci godiamo il tepore del sole e il panorama.

A tre quarti della ferrata, dopo uno spigolo difficile, Enrica ci lascia:la sua ernia reclama attenzione e approfittando di una via d'uscita dalla ferrata decide di aspettarci alla fine del percorso. Guardo Silvia che osserva la scappatoia con mal celato interesse: "non vorrai mica mollare adesso che siamo quasi alla fine e i muscoli si sono appena scaldati?" le dico. Ridacchiando rassegnata prosegue, i tratti difficili sono ormai alle nostre spalle e poco dopo raggiungiamo tranquille la fine della ferrata. Enrica ci aspetta un po' dolorante sul pianoro sommitale. Doloranti lo siamo anche noi dopo tutto quel tirare di braccia e gambe ma nonostante la stanchezza e lo sconforto iniziale possiamo far rientro soddisfatte della nostra impresa! La prossima volta, ne siamo fiduciose, andrà sicuramente meglio e appena i muscoletti si saranno ripresi c'è un'altra ferrata a bassa quota che mi è stata suggerita: la "Furlanova" in Slovenia ci aspetta! 

domenica 10 gennaio 2010

Congratulazioni Chiara e Gianni !!!!

Sabato 9 gennaio, nel Santuario di Castelmonte, si sono uniti in matrimonio i nostri amici Chiara e Gianni.
Congratulazioni e felicitazioni !!! 

mercoledì 6 gennaio 2010

Carpe Diem


La testardaggine di domenica ha i suoi strascichi già in serata, e, nonostante qualche rimedio "dell'ultimo minuto" lunedì mattina la schiena è dolorante. Mi alzo dal letto prima delle sei e dopo un paio di fitte, vedo che la baracca va comunque avanti, quindi niente paura! Oggi si batte di picozza!

Robertone è già pronto, carichiamo velocemente lo zaino e partiamo alla volta di Sappada. L'idea iniziale è di andare a salire le colate solitarie sotto le Terze. Intanto scendiamo lungo il Piave a vedere la condizione delle cascate dopo l'Orrido e strada facendo ci viene la curiosità di vedere se si è formata la lunga cascata all'ingresso della Val Visdende.
Saliamo i primi tornanti e vediamo il ghiaccio bello gonfio! E non c'è nessuno!
Carpe Diem! Un nome appropriato!
Il termometro segna -16° e prepararsi per la salita non è il massimo: se l'imbrago si può regolare con i guanti, allacciare gli scarponi risulta un pochino più difficile. Un lungo respiro e via i guanti, quasi in apnea per allacciare le stringhe e le mani già non si sentono.
Imbacuccati per bene andiamo all'attacco.
Se non altro il freddo anestetizza il mal di schiena, almeno mi sembra avere quell'effetto, o forse a placare il dolore è solo la voglia di salire. Intanto ci raggiungono altri due viandanti del gelo! Un saluto da sotto il passamontagna e ripassiamo le corde prima di salire.
Roberto parte per il tiro e io mi godo il tepore del piumino. Che bello il freddo! Basta essere attrezzati!
Il primo tiro è abbastanza verticale su ghiaccio gonfio e morbido, a dispetto della temperatura.
La vista inizia ad aprirsi sulle cime che costellano l'alta Val Visdende, cariche di neve e splendenti.
Continuiamo a salire e il freddo si attenua, vuoi per l'avanzar del giorno, vuoi per il movimento, inizio a sentirmi a mio agio. E' una sensazione divertente e strana quella di sentirsi bene, come a casa, seppure appesi ad un qualcosa che ha un'esistenza breve e fragile, un'essenza fredda e trasparente.
Strano. Piacevole. Intrigante. Attraente. Come le sirene di Ulisse, lo dico sempre del ghiaccio e delle sue forme. Un'attrazione fatale. Un rapporto delicato, si deve salire leggeri, con movimenti sicuri, calibrati. Una danza.


Arriviamo al quinto tiro, la chiave di accesso alle placche finali, e il ghiaccio non è eccelso. La colata non è del tutto formata, formazioni a cavolfiore, grosse ed instabili non danno possibilità di proteggere la salita. Belle da vedere, ma deboli e precarie da salire.
Attrezzo la doppia per scendere, mentre Roberto si prepara alla discesa. Con tre calate raggiungiamo la base della cascata. La temperatura è gradevole, meno sei! Mentre scendevo mi proiettavo nel futuro, pensando a quando farò vedere i giardini di ghiaccio a Gabriele: chissà se si lascerà rapire! O se preferirà Lignano?
BRRR!!! Rabbrividisco al pensiero!!

M.te Craguenza

Dopo tanto freddo, pioggia e neve, finalmente una giornata limpida, piccolo regalo tra una perturbazione in partenza ed una in arrivo. E così, domenica mattina, preparati zaini e pargoli e raggiunti dai "Valops", puntiamo l'auto verso il Cividalese e San Giovanni d'Antro. La nostra meta odierna è il monte Craguenza...mai sentito prima...ma uscito a caso aprendo l'ultimo libro che ho acquistato, dopo un cambio di programma all'ultimo momento. A dire il vero questo monte l'avevamo gia scorto anni fa durante un uscita sul Joanaz ma non sapevamo come si chiamava e col passare del tempo era caduto nel dimenticatoio.
Per strada notiamo come le Prealpi siano bene imbiancate: lo zaino per portare Gabriele è rimasto a casa essendo l'alpinfrut ancora un po' piccolo e questa sarà l'occasione per testare il passeggino sulla neve...sperin ben!
 Passate le borgate che sovrastano San Giovanni d'Antro la strada oltre che stretta a tratti si fa sporca di neve e ghiaccio e arrivati ad uno slargo in prossimità del punto di partenza, parcheggiamo. Non siamo soli: un gruppo di ragazzi in mimetica si preparano alla guerra armati di mitra, fucili e pallottole finte! Speriamo di non essere fatti prigionieri..o peggio, di non diventare i loro bersagli!


Con l'Alpinfrut-Yeti nel passeggino, ci incamminiamo sulla strada ghiacciata denominata sentiero naturalistico Antro-Spignon-Pegliano e l'Alpinauta si diverte a far sgommare e derrapare il passeggino sulle pozze ghiacciate.



Man mano che saliamo la vista si apre ampiamente su tutta la pianura fino al mare che sotto lo splendido sole di oggi risplende lontano.
Il passeggino che prima scivolava velocemente sul fondo ghiacciato e con poca neve, comincia ad affondare e spingerlo diventa faticoso. Propongo a Luca di parcheggiarlo dietro qualche arbusto e proseguire con Gabriele in braccio visto che non manca tanto alla cima, ma si sa, la testardaggine dei maschi ogni tanto non ha limiti e girato il passeggino, prima l'Alpinauta e poi il "Valopat" si danno il cambio per trainarlo su per il pendio fino in cima!



Con il sole che batte sulle nostre teste il freddo non si sente, anzi, sembra di essere in primavera e i maschietti arrivano in cima in un bagno di sudore!

L'Alpinfrut invece ha dormito tranquillamente tutto il tempo e mentre veniva sballottato su per il pendio si beffava delle fatiche dei suoi trainatori ronfando rumorosamente! 
Arriviamo in cima che suona mezzogiorno e con vista da una parte sul Matajur e dall'altra sulla pianura friulana mangiamo il nostro pranzo.



Anche l'Alpinfrut reclama il suo latte e si sgranchisce le gambette sulla neve, guardandosi intorno meravigliato da tanto bianco bagliore.



Saziato pance e vista e fatto le foto di rito ci rimettiamo riluttanti in marcia, lungo il sentiero di ritorno.      

Una fermata in pasticceria a San Pietro al Natisone è d'obbligo: c'è da festeggiare la prima invernale di Gabriele e i due bollini sulla sua tessera Cai! Mica male per un bimbo di cinque mesi e mezzo!