Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 24 dicembre 2011

Prednje Robicje

Fino al momento di scrivere due righe sulla scorsa domenica, non sapevo come si chiamasse questa resta di mughi e rocce su cui si è posata la nostra attenzione. Una montagna senza sentieri sulla carta: solo un quadratino, una quota e un nome. Sconosciuta. Sembrerebbe una meta mitica, oggetto delle brame di esploratori d'altri tempi.
Ma non è così.
Seduto in un angolo del bar, sorseggia un succo di qualcosa scrutando gli avventori che nelle prime ore del giorno si avvicendano al bancone. Parole, caffè veloci e qualche brioche. Sguardi veloci. Sembrerebbe un film di spionaggio.
Ma non è così.
Entrano nel locale, sembra vuoto. Ma d'improvviso, volgendo lo sguardo verso l'angolo incrociano il suo: fulmineo, scatta in piedi. Sembrerebbe un film western.
Ma non è così.
"Oh buongiorno!". Con Raffaele entro da Missana e troviamo ad attenderci l'Umberto. Non quello là, ma il Barnaba. Caffè veloce e via verso Kraniska Gora, passaggio obbligato per salire al Vrsich.
Al passo solo una vecchia Fiesta. Parcheggiamo comodamente e ci prepariamo.
La nostra meta è la Mala Mojstrovka, e la nostra via la ferrata che la percorre lungo il versante nord.
Partiamo di buona lena, ma ben presto ci accorgiamo che lo spessore della neve non corrisponde a quei venti, trenta centimetri che ci aspettavamo. Ben presto iniziamo ad affondare a mezza coscia, annaspando tra i mughi, e dimenticando il pizzicore dei dieci gradi sottozzero.


Arriviamo alla Vratica in un tempo record: quasi due ore per fare duecento metri. Mamma mia... un film horror o una commediaccia all'italiana?? Boh. Comunque sia si prosegue verso la nostra metà. Arriviamo all'altezza del bivio per lo Sleme e lo sguardo sale verso la parete nord della Mala: neve, neve e neve. Ma tutta quà?? E' già mezzogiorno e seppur fattibile, la meta appare molto lontana. Con un pò di fastidio inizio a pensare sia meglio puntare ad altro. Dietro a noi, oltre la Vratica, fa capolino una breve cresta, a tratti rocciosa, che si erge un centinaio di metri sopra la sella. Bene! Ecco la nostra nuova metà.




Torniamo più o meno velocemente sui nostri passi e attacchiamo nel punto che appare più debole, ma neve farinosa e mughi ci fanno desistere. Torniamo alla sella e prendiamo direttamente il filo di cresta, spazzato dalla bora. I guanti gelano rapidamente e mi fermo a cambiarli, approfittando di sfilare la piccozza dallo zaino, come i miei compagni di ventura.

La salita di questa cima di cui poco sappiamo è snervante: lunghe battaglie con i mughi sommersi dalla neve, alternati a brevi passaggi sulla roccia spellata dal vento. Andiamo avanti per un'ora fino a un sperone roccioso sotto la cima, dove Raffaele, sedendosi, sentenzia che "qui è la cima!" Lo sguardo prosegue e si perde tra i mughi ricoperti di neve fino sulla vetta. 
Ok, basta così. 
Un pò di tè ed un boccone in compagnia di quattro gracchi infreddoliti e dopo la foto di "vetta" con tanto di bandiera del Friuli portata da Umberto, iniziamo la discesa, resa insidiosa dai mughi.

Alla Vrata il vento cala e scendiamo veloci verso il Vrsic, mentre da sud si alzano nubi minacciose. Una prima invernale zoppa, ma divertente e faticosa, come piace a noi.

1 commento:

Piero ha detto...

d'altro canto Colombo cercava le Indie e ha trovato l'America