Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

giovedì 21 marzo 2013

Otto sul Cansiglio

Le nevicate ed il bollettino valanghe, avevano fatto saltare i programmi per il fine settimana: non era il caso di addentrarsi lungo canali alla ricerca di emozioni e cime innevate.
Quindi le picozze restano ancora nel loro torpore di fine stagione e inizia la cernita degli itinerari da parte di Nadia.
Partenza non antelucana per poter lasciare Gabriele dai nonni tranquillamente, meta vicina poiché Diana deve rientrare presto, zona al riparo da pericolo valanghe.
Scartiamo le care Giulie, tralasciamo le dolci Carniche, il cerchio si restringe attorno all'indiziato numero uno.
Il Cansiglio.




Evitando le disavventure automobilistiche di qualche tempo fa delle mie compagne di viaggio, arriviamo velocemente alla Crosetta.
Grandi nuvoloni sembrano serrare i ranghi oltre il Piancavallo, ma noi siamo speranzosi: "Quando sei con me splende sempre il sole" mi ricorda Nadia.
La Crosetta ci accoglie grigia e con un -4°. Viva gli scampoli d'inverno!
Il freddo punge le gote mentre siamo alle prese con i preparativi. Cjaspe? Le prendiamo? Mah si per quel che pesano!


E via con le cjaspe appese allo zaino saliamo nel bosco, imboccando il sentiero 991 che ci porterà alla prima tappa di quello che a fine giornata battezzeremo "giro a otto": il Ricovero Maset.
Ci arriviamo con un poco faticoso saliscendi lungo le pendici boscose del Col Brombolo e del Col Grande, sprofondando leggermente nella neve farinosa, in un ambiente da favola. Candido il sottobosco, candido il mantello degli alberi.


Il cielo fa i capricci e ora soffia un gelido sospiro, ora il sole ci abbraccia calorosamente, ora la neve si fa gioco di noi, e infine, giunti al rifugio Maset i faggi scheletrici ci circondano con vesti nebbiose e alito umido.



In fondo alla tettoia del rifugio uno strano personaggio che all'inizio farfuglia qualcosa di poco comprensibile, poi una volta vicini:
"da dove venite? dove andate?"
"proseguiamo per Col dei S'cios"
"da dove venite? dove andate?"
Mi scappa da ridere, ripensando al vecchio daziere del film "Non ci resta che piangere!" E mentre Diana gli risponde a gran voce, tra me e me ripeto "un fiorino!!"
Riprendiamo il cammino immersi nel bosco e in breve spuntiamo nella piana di casera Costa Cervera, anche qui nebbia, sole, vento, freddo e caldo ci accompagnano verso casera Busa Bravin e casera Busa Bernart, negandoci la visuale verso la piana friulana che si stende sotto di noi.



La grande croce presente sulla strada tra le due casere appare spettrale, d'un tratto tra le brume bianche.
Un attimo di sosta e riprendiamo il cammino verso Busa Bernart dove altre voci ci accolgono.




Questa volta sono amici di Diana, che ne riconoscon la voce tra le nebbie! Niente fiorini!
Cogliamo l'occasione per sgranocchiare qualcosa: ci sarebbero pure un tavolo e delle panche, ma pare che i caprioli del posto trovino piacere a sostarvi pure loro, lasciando graziosi e piccoli doni dall'odore piuttosto forte!
Gli amici di Udine rientrano a Coltura, mentre noi ripartiamo alla volta del Col dei S'cios. Ora la strada esce dal bosco e ci avventuriamo tra piccoli dossi e avvallamenti tipici della zona, cercando d'intuire dove si stacca il sentiero  che porta alla casera. Lo individua Nadia e avanziamo in un bianco irreale che annulla qualsiasi percezione di profondità, quasi alla cieca. Davanti a noi un colle con un cippo ci da qualche sicurezza ma d'un tratto sembra sparire: un attimo di smarrimento che subito passa alla vista di un tetto! Siamo arrivati.



Il cielo si apre e ci permette di salire una delle quote circostanti da cui riusciamo a godere del panorama verso l'Alpago e le cime della Valcellina.



Scendiamo lungo i pendii innevati, illuminati da una luce irreale mentre nuvole bianche, nere e grigie si rincorrono sopra di noi, ora oscurando il sole, ora lasciando liberi alla vista larghi sprazzi d'azzurro.



La strada si immerge nuovamente nel bosco e giungiamo nei pressi del rifugio Maset. Decidiamo di non rientrare per il sentiero dell'andata, ma incrociamo i nostri passi e proseguiamo lungo la forestale alla volta della casera Sponda Alta prima e di Cercenedo poi, chiudendo il nostro "otto" alla Crosetta.



Tolti gli scarponi e pronti al rientro ci accorgiamo che l'osteria al passo è aperta.
Entriamo per un caffè e ci accoglie un calore che non ci si aspetta. Con una gentilezza d'altri tempi la signora dietro al bancone ci intrattiene e ci riscalda con un caffè denso di umanità e di cortesia. Parole semplici e vere, che, nel breve tempo necessario a gustare il caffè, ci hanno raccontato della gioia avuta da una vita semplice e piena.
Una stretta di mano calda e forte ci saluta prima di uscire. E il nostro grazie è ben poca cosa rispetto a quanto ricevuto.

3 commenti:

Unknown ha detto...

La sensazione di stretta di mano e' la stessa che mi lasciate ogni volta che leggo di voi. Questo incontro virtuale sul blog e' il calore di quel caffè bevuto all'osteria, in questo inverno che Cortina mi riserva sempre più lungo. Ed e' la carezza che io leggendo riservo al mio dolce Friul! Un abbraccio, Romina.

frivoloamilano ha detto...

...il "calore" umano, vale più di una giornata di sole. Comunque un bell'"otto" all'escursione.

ciao ;-)

Nadia ha detto...

Grazie Romina! che bel commento!!! appena si scioglie la neve veniamo a trovarti e a fare un giro allo Scotoni!! Ricambiamo l'abbraccio!!! E un bacio al picinin!!!