Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

mercoledì 2 aprile 2014

Trans Bottai

Domenica un giro fuori dalla folla, sulle tracce di Omarut, in compagnia di Raffaele. Uno giusto, uno che quando gli dico che il posto è un pò selvatico mi risponde che è per quello che gli piace venire via con me.
Lasciata la macchina lungo la strada che sale a Sella Chianzutan, imbocchiamo la forestale che porta al magnifico balcone di malga Avrint.
La neve si è in gran parte sciolta e iniziamo a calpestarne dopo un pò... ma non siamo i soli.

Dopo un attimo di stupore, proseguiamo il cammino verso il Nevar di Avrint, sotto qualche sguardo nascosto nel fitto del bosco, o forse no.
Seguiamo le esili tracce di Omar, sottili strisce d'ombra lavorate dal vento. A tratti evidenti, a tratti effimere come la pergamena su cui sono vergate. Nel bosco una luce fredda e azzurra inonda il cammino, mano a mano che saliamo gli alberi si diradano e lasciano spazio al caldo abbraccio di un panorama dove le vette ancora innevate si fondono al giallo e al verde dei pascoli che riprendono vita.


Arriviamo alla base del canalone NO del Bottai e iniziamo a risarirlo. La neve alterna tratti portanti a tratti in cui si fatica sprofondando. Tuttavia saliamo veloci e arriviamo poco sotto la cresta sommitale, dove incontriamo una crosta dura e difficile da scalfire. Pochi metri e davanti a noi si apre la vista sulla pianura e sulla pianura avvolta da tenui foschie.




Proseguiamo lungo la cresta del Bottai, con una vista a 360°, con la severa cresta del Piombada che ci osserva mentre ci allontaniamo in direzione della Forcja.
Dopo la cima ci caliamo dalla cresta su ripidi verdi per poi traversare in direzione della forcella, poi raggiunta la cresta, d'improvviso compare il mitico bivacco Carcadè.
Nessuna traccia vicino al bivacco. Siamo soli.




Entriamo e ci sediamo a mangiare qualcosa mentre la luce entra con forza dalla porticina che guarda verso il Piciat.
Montagne poco conosciute, ma selvagge e silenziose. Al centro di tutto, ma fuori dal mondo, dalle rotte conosciute, percorse per sentieri sconosciuti ma di grande soddisfazione, se percorsi in queste stagioni.
Lasciamo questi pensieri e raccogliamo le nostre cose, chiudendoci alle spalle la porta che apre il tepore di pareti sempre amiche.


Il sentiero non si indovina sotto la spessa coltre di neve: individuato un segnavia ci si butta lungo il pendio quasi sciando. Ci si ferma, un'altro bollo viene scorto e via giù di nuovo nel bianco del sottobosco fin tnto che i cristalli non lasciano spazio alle foglie e il sentiero si apre ai nostri occhi.
Proseguiamo fino al bivio per malga Avrint e riprendiamo velocemente quota, superando qualche rovinosa slavina.
Raggiungiamo la forestale, nuovamente immersi in un candido sottobosco. Il sole filtra prepotente tra i rami e appesantisce il passo nella neve.


Raggiungiamo la malga e il caldo del pomeriggio inizia a farsi sentire sulla pelle. Il riverbero del sole assottiglia gli occhi nonostante gli occhiali e il rombo delle moto che salgono a Sella Chianzutan ci ricorda che il silenzio delle ore appena trascorse si è appena nascosto tra le pagine del libro dei ricordi.

4 commenti:

Francesca ha detto...

ORSO!!

Unknown ha detto...

"l'amico" che lascia impronte speriamo di fotografarlo prima o poi...ma con un teleobiettivo! Comunque l'impronta è già un bel "segnalibro" nel libro dei ricordi!

ciao ;-)

alessio francesco brunetti ha detto...

ciao a tutti! Posso usare le fotografie che avete messo sul sito?
Vorrei metterla sulla pagina facebook del bivacco!

Nadia ha detto...

Ciao Alessio, fai pure.
Grazie e arrivederci anche su facebook!!! :D