Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 21 marzo 2015

Persi nelle nebbie

Nel primo mattino le strade restituiscono il blu che hanno rubato al cielo il giorno prima.
Il blu dell'asfalto evapora e si fissa alla volta celeste poco prima dell'alba.
Mentre cerco nella memoria in che libro ho letto questa frase squilla il telefono "Ouh, dove siete? Guarda che quassù nevica bene, state venendo su?". La voce di Omar mi scuote dai miei pensieri più del trillo del telefonino, "No, no ho cambiato idea ieri sera, andiamo da un'altra parte, visto il meteo".
Chiudo la conversazione e guardo l'orizzonte davanti a noi, il sole del mattino rivela un muro compatto, "ragazzi, ormai che ci siamo, andiamo a vedere".
Timidi fiocchi scendono da un cielo diviso tra il grigio e l'azzurro, indeciso come noi mentre alziamo lo sguardo alle cime sopra di noi.
Senza star tanto a pensare iniziamo a prepararci, l'avvicinamento sarà in parte alleggerito dagli impianti, saremo in quota in breve.
Scesi dalla telecabina ci incamminiamo verso Sella Bila Pec, il sole splende sui nostri passi, la neve è bella dura e saliamo velocemente. Le nuvole sembrano relegate altrove, ma piano piano iniziano a fare capolino da dietro la linea di cresta, sbuffi, piccoli sberleffi alle nostre intenzioni.


Arrivati alla sella le nuvole si fanno più consistenti e iniziano a scendere verso valle, minacciose nel loro compatto grigiore.




Lungo la dorsale che unisce la sella Bila Pec a sella Ursic troviamo la nostra via di oggi, sospesi tra il sole e le nuvole: una via che non è una via. E' un andare verso una decisione, un andare e poi vediamo il da farsi. Il da farsi però decide di non farsi vedere. Le nuvole ormai son arrivate a coprire la base della parete, e il programma è compromesso, il Canin e la sua cresta ci rimandano a data da destinare.
Alle nostra spalle la cima del Bila Pec sembra sorriderci, ma ormai che siamo qua... ci guardiamo attorno cercando una ragione del nostro esser qui.



Nascosto nella sua interezza, ci colpisce comunque un canalino che sale sulla nostra destra. Che abbia un nome non lo sappiamo, che difficoltà abbia nemmeno, ma se non lo saliamo non riuscire certo a scoprirlo.
Dopo un breve tratto a 45° s'impenna deciso sui 65/70°, andando, mano a mano che si sale, a restrimgersi poco sotto una biforcazione. Prendiamo a sinistra, poichè sembra portare più in alto, verso cosa non si sa. A circa tre quarti c'è un ginocchio roccioso con ghiaccio sottile ma compatto, riesco a mettere un paio di friend e passo alla parte superiore, con neve ben compatto che risalgo fino ad una selletta dove la nostra avventura ha fine. Recupero Carlo e Raffaele attrezzando una sosta su di uno spuntone e ci concediamo una foto di "sella".






Breve pausa per immaginare il panorama che potremmo goderci e ci caliamo in doppia, verso gli zaini ed i termos con un pò di confortevole calore.
Prendiamo la via di casa, il Canin, ce lo lasciamo alle spalle. Perso anche lui nelle nebbie.

1 commento:

Carlo de ts ha detto...

Grande caio!