Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

martedì 8 gennaio 2019

Palis d'Arint

Il freddo vento che soffia da nord mi porta echi di ghiaccio alla mente, che vola libera, immaginando le gocce che scendono dalle cime ma che non riescono ad aver la forza di raggiungere la terra, abbracciate l'una all'altra, sospese nel tempo. Vorrei andare a scalfire questi intensi abbracci ma gli occhi della mia compagna di avventure hanno altre mire. Gli sguardi si incontrano, fiammeggianti, come sempre scattan scintille, e poi decidiamo di andare a vedere le Palis d'Arint, sperando entrambi in una veste invernale. Le cascate posson aspettare, in fondo ci siamo stati pochi giorni prima. In fondo l'importante è fare assieme quello che ci piace.

Tenevamo gli occhi fissi nel cielo, e mi pareva che le anime nostre si parlassero
attraverso l'epidermide delle nostre mani e si abbracciassero nei nostri sguardi che
s'incontravano nelle stelle. (Giovanni Verga)



La Val Alba ti accoglie sempre, avvolgendoti in una bellezza rara, unica e selvaggia. Sembra rude ed inospitale mentre cerchi di intuirne il fondo, scendendo con lo sguardo a precipizio dalle cime. Poi, come si fosse sospesi a mezz'aria, i suoi boschi erti ti fanno scoprire sentieri dolci e riparati, che ti accompagnano verso creste rocciose adornate di mughi. 
Cosi, incrociando lo sguardo di un amico curioso raggiungiamo Forcella Vualt, dove il bosco ci lascia nelle mani delle Palis d'Arint.
Il sentiero si alza velocemente fin sotto le prime rocce, per poi proseguire innalzandosi con calma, lasciandoci vivere la bellezza della vallata, mentre lo Zuc dal Bor e il Cjavals si ergono  davanti a noi, con una sottile veste bianca a coprire prati e rocce in quota.






Il sentiero alterna lunghi traversi a brevi e decisi strappi che fanno guadagnare quota, ma senza troppa fatica, percorrendo il versante orientale della cresta, lungo cui si aprono delle piccole selle che regalano una visuale magnifica sulla Creta Grauzaria, con le Alpi Carniche a far da sfondo, fino a confondersi con le Dolomiti.
Qualche tratto, seppure facile, diventa insidioso con la neve residuale trasformata in ghiaccio, e richiede la dovuta cautela nel percorrerlo. Sembra quasi un piccolo sgarbo per farci distogliere lo sguardo dal panorama, invece a ben vedere, è un piccolo nastro bianco che chiede solo di apprezzare la sua bellezza.












Un'ultima balza ripida ci porta ad un'insenatura che ci mostra, d'infilata, l'uno dietro l'altra, le nostre mete alla fine della cavalcata lungo le Palis d'Arint: il monte Vualt ed il Cjasut dal Sior.
La modesta cima si perde di fronte all'immensità in cui è incastonata, punto di vista isolato su un piccolo cosmo di bellezza, che fa perdere la cognizione del tempo.
Il tempo è regolato del respiro del vento freddo del nord che ci spinge a raggiungere il piccolo bivacco.




La semplice panca sotto la finestra chiama ad una sosta gradevole: la schiena si appoggia alla pietra che ti regala il calore del giorno, e ci si può finalmente perdere nella pace, chiudendo gli occhi per godere il silenzio che regna lassù. 
Il sole scalda la pelle dei viso e il vento ci passa vicino senza sfiorarci.
Davanti a noi si dipana il filo della cresta, seguendo la via verso forcella Vualt, scendendo verso il fondo della valle che di li a poco ci chiamerà a se.




L'arrivo di una combriccola chiacchierona di scout ci pare il segnale che il cammino deve riprendere. Salutiamo la Creta di Aip dal Belvedere, sferzati da un vento pungente e glaciale, prima di iniziare la discesa verso il ricovero Vualt. 
Nuovamente immersi nell'abbraccio della valle, protetti dal vento, percorriamo i tranquilli tornanti del sentiero fino ad arrivare al vecchio ospedale militare, e di li a poco alla Casera Vualt dove chiudiamo il nostro anello.






Gli echi del ghiacco si sono fatti da parte lungo il cammino di oggi, aspettando il loro turno senza rimpianti, perchè, come scriveva Cesare Pavese
Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi.

2 commenti:

miziomuec ha detto...

come simpri romantiche io speti simpri che decedis di la in Pisimoni mandi miziomuec

Nadia ha detto...

Mandi Maurizio, il Pisimoni a l à di spetà ancjemò putrop, masse robis di fa prime.