Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

venerdì 14 agosto 2009

Sass da les Nù

Ogni alpinista ha dei sogni: cime vicine o lontane da salire, lungo linee sconosciute. Quasi vent'anni fa un amico mi fece vedere le foto del Sasso delle Nove in Fanis: un magnifico specchio bianco che si alzava dai verdi prati. E una via che aveva un richiamo epico, per me a quei tempi, e il cui nome evocava grandi imprese: Messner!
La cordata è presto fatta: Big Roberto è sempre disponibile se si tratta di arrampicare e quindi martedi si parte alla volta di San Vigilio. Arrivati al parcheggio del rifugio Pederù, c'incamminiamo, zaini in spalla verso l'Alpe di Fanes e il rifugio Lavarella.

Le luci del tramonto ci accompagnano mentre ceniamo all'esterno del rifugio, nell'aria frizzante della sera. Sistemati alla buona in rifugio ci abbandoniamo al sonno, in mezzo a germanici che non conoscono l'uso della frontale di notte...

La mattina siamo i primi a scendere per la colazione e i primi a uscire. Prendiamo il sentiero 7 in direzione Ju dla Crusc, e una volta raggiunto l'altipiano sopra il rifugio Lavarella, deviamo decisi verso la base della parte, attraversando prati verdi puntellati di stelle alpine e campi carsici, erosi dalle acque.

Da sotto la parete è bellissima: liscia e poco appoggiata. Bianca sotto il blu del cielo. Sembra solcata da sottili fessura, ma sono solo miraggi.

Finalmente attacchiamo. la roccia è solida, e la suola delle scarpette si spalma sul calcare. Si sale velocemente il diedro iniziale, circa 70 metri, e si raggiunge la cengia alla base delle placche.

Il mare calmo e verticale non è quello della parete sud della Marmolada, ma dà delle belle sensazioni. La difficoltà non è estrema (TD-), la vera difficoltà sta nella scarsa proteggibilità che mette alla prova la testa di chi sale, anche 10/15 metri tra una protezione e l'altra (5 piani di ... ). Ad un tratto Roberto inizia a litigare con un chiodo che non ne vuole sapere di entrare scatenando le mie risate in sosta, sotto lo sguardo perplesso di due cordate che salgono a qualche metro di distanza.

Mano a mano che saliamo il panorama si apre e prende il sopravvento sul mare grigio in cui navighiamo. Alle nostre spalle la Marmolada, le Tofane, il Lagazuoi. D'un tratto la parete sembra farsi più verticale, chiudendosi verso il cielo.

E finalmente la cima, con la sua bella croce. Arrivare in cima è sempre un piacere, specie quando vuol dire togliersi le scarpette di arrampicata per mettere un ben più comodo paio di scarponcini.

Iniziamo la discesa lungo la cresta est, che ci offre splendidi scorci sulla dirupata parete nord. La cresta è parzialmente attrezzata con funi d'acciaio, e la si percorre sul filo, affacciati al vuoto.

In breve arriviamo al Ju de Sant Antone, dove ci aspetta il Santo con il suo generoso amico ("el mjor pess a l'è il purzit" dice un mio caro amico). Dalla forcella il sentiero scende verso il Plan de les Serenes. Nel caldo del primo pomeriggio facciamo ritorno alla macchina, immersi nella folla. La solitudine della parete è ormai un ricordo lontano.

Un cassetto si è aperto e un sogno, o più sempilcemente un desiderio si è realizzato. Per fortuna abbiamo molti cassetti ancora da aprire.

4 commenti:

Carlo de ts ha detto...

bellissima via cajo!

Piero ha detto...

Una montagna veramente particolare. sono stato in zona, ma non l'ho mai vista bene. certo che 15 metri tra un chiodo e l'altro....

Annarita ha detto...

impressionante!!!!

Frivoloamilano ha detto...

"CHAPEAU"

ciao