Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

mercoledì 31 agosto 2011

Campi di pietra

"Allora dove andiamo?" Il gentile invito a decidere non ha presa su Nadia, e allora ne segue un concilio familiare a più riprese, in cui prendiamo e lasciamo cadere diverse opzioni: Cuestalta, Robon, Ombladet aleggiano in cucina mentre prepariamo la cena, alla fine optiamo per il Robon e i campi carsici del Canin.
Lunedì saliamo verso Sella Nevea in compagnia di Indy, mentre Gabriele trascorre la giornata nell'Impero. Di tanto in tanto sentiamo l'impazienza del nostro compagno di viaggio: non vede l'ora di scendere e iniziare ad esplorare il mondo che lo circonda.
Imbocchiamo la mulattiera a fianco della strada, per abbandonarla poco dopo per seguire il sentiero che sale nel bosco, su un letto di foglie e muschio. D'un tratto, una folata di vento secco e caldo mi scuote dai pensieri e mi lascia a .. bocca asciutta! Sembra di avere un phon puntato contro!







Saliamo nel bosco accompagnati da questi aliti caldi, Indy va su è giù in cerca di fresco, finchè, arrivati al Pian della Lopa, non trova una bella pozza di pantano fresco.. e ne esce come un ringo! Manca solo la crema alla vaniglia!
Usciamo dal fitto del bosco e pian piano, attraversando campi di lamponi, arriviamo alle incredibili pareti del Robon, sembrano quasi il fianco di una nave.
Da lontano appaiono lisce e impossibili da salire, ma avvicinandosi si nota qualche ruga e qualche fessura e li vicino lo spento luccichio di qualche anziano spit, sentinella muta di una parete sperduta e forse caduta nell'oblio.
Con due giri di valzer il sentiero ci accompagna nell'anfiteatro che precede la Sella Robon: un ambiente che rimanda alle atmosfere dei film di Trinità; saliamo verso la sella dove incontriamo due signore sedute su una panca. Proseguiamo verso il bivacco dove troviamo un'allegra famigliola austriaca che "bivacca".



Non saliamo la cima del Robon, di per se non molto interessante, e ci dedichiamo ai resti delle vestigia che la Grande Guerra ha lasciato in eredità a queste lande desolate.




Dopo un frugale pasto (IO non mi sono ricordato di fermarmi a far la spesa... ma non eravamo in due in macchina? Ah no.. eravamo in tre!) scendiamo dalla sella e risaliamo il sentiero in direzione del Col Lopiz, passando sotto al Cergnala, e al Lopa, attraversando i magnifici campi carsici del massiccio del Canin.





La mulattiera del Poviz li attraversa con muraglioni e ponticelli in ottime condizioni, disegnando un traccia continua tra le profonde ferite della pietra e quelle dell'uomo: qui tra il 27 e il 28 ottobre del '17 moltitudini di uomini cercarono la salvezza calando verso Chiusaforte, dopo la disfatta di Caporetto. La strada sembra ancora risuonare di quei tristi passi.
Giunti sotto al Poviz iniziamo a scendere verso Sella, ma non prima che Indy, beato lui, possa godersi una bella pozza d'acqua gelida.
Scendiamo con calma tra i miraggi di una bella birra fresca e di un gelato lungo i tornanti della strada militare che all'ombra del bosco ci riportano alla macchina.

3 commenti:

frivoloamilano ha detto...

home sweet home...care Giulie ;-)

laura ha detto...

interessante, non conoscevo questa mulattiera

Nadia l'Alpingirl ha detto...

Le Giulie riservano sempre belle sorprese e questa mulattiera è proprio bella!