Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

martedì 23 maggio 2017

Cimone del Montasio, 23 maggio

Le nuvole che si rincorrono sul Canin ci inducono a scendere velocemente. Soprattutto inducono Ale a spronarci, "avete poco spirito di conservazione, su su che ci becchiamo il temporale". 
Come prospettiva non sarebbe male, considerando la pelle appiccicosa e il sale che tira la pelle del viso. Gli stambecchi ci guardano curiosi mentre ci prepariamo più o meno in fretta per la discesa. 
Il caldo sole del primissimo pomeriggio ci invita a rimanere distesi ancora, tra il profumo dell'erba fresca e il vento che asciuga il sudore ma un sordo rombo che proviene dall'altro versante della Raccolana ci dà la giusta spinta a riprendere il cammino.
Chiusa la porta del bivacco metallico iniziamo a scendere,
"Certo che in caso di temporale sarebbe meglio stare dentro al bivacco, fa da gabbia di Faraday.."
"Dai muovete il culo che arriva"


Scendiamo velocemente la ripida cresta verde. Il nostro scarso spirito di conservazione ci permette di allungare decisamente il passo, mentre Alessandro scende circospetto, brontolando in lontananza, come il temporale che rumoreggia dietro le creste del Canin.
Lo aspettiamo sul ciglione, tra le chiazze di neve che resistono all'avanzare della bella stagione, dove inizia il breve tratto attrezzato che scende alla Forca di Vandul, canzonandolo il giusto per il suo "evidente spirito di conservazione". Neanche il tempo di fargli prendere fiato che ci lanciamo giù verso il basso, provocando l'ennesima scarica di improperi al nostro indirizzo.
Scendiamo veloci fino a raggiungere la Via Alta dove ci lasciamo cadere nell'erba, aspettando il nostro amico brontolone e dando fondo alle ultime scorte d'acqua.
Una inaspettata calda giornata di primavera ci sorprende regalandoci una severa arsura che ci fa desiderare il temporale.
Finalmente arriva anche Alessandro, brontolando. "Si vede che siate giovani, proverete ad andare a lavorare". Proveremo, intanto ci godiamo questo sabato "libero" e ridendo ci incamminiamo veloci lungo il sentiero, andando incontro al temporale con desiderio.
Le nuvole conquistano le vette del Medeon e di Terrarossa, e nell'aria calda si sente il profumo delle gocce di pioggia, mentre il vento cambia intensità ed asciuga la fronte imperlata di sudore. 
Un brivido forte scorre lungo la schiena.
D'un tratto il buio che avanza verso di noi si ferma, tra tuoni e lampi, sospeso sopra le nostre teste. 
Poi un lungo silenzio senza vento.
Il sole torna violento a scaldare la fronte mentre le nuvole si sfilacciano veloci in direzione della Val del Lago.
La Uno grigia ci accoglie calorosa come un forno, gli zaini volano nel bagagliaio, l'aria fresca entra dai finestrini abbassati mentre scendiamo lungo la Raccolana inondata dalla luce del pomeriggio,
La guida prudente di Ale male si accompagna al rock che esce dall'autoradio, ma è inutile spronare un giovane vecchio. Le risate si mescolano al sudore e alla pelle che profuma di sole mentre torniamo verso casa, senza nessun pensiero importante per la testa.
Gli amici mi lasciano davanti al portone e mi danno appuntamento alla sera.
Entro nel vialetto e vedo che la macchina del papà non è in garage.
Salgo veloce le scale ed entro in casa. Butto un saluto alla nonna, immaginando che mia mamma e mia sorella siano fuori con papà. Mi fiondo davanti al frigo in cerca di qualcosa di fresco:"Nonna sono tornato, tutto a posto? Cosa si cena?". Silenzio.
Poso il bicchiere sul tavolo e vado in salotto. 
"Nonna.."
Un silenzio strano mi stringe in un abbraccio gelido.
Ricordo i ferri da maglia appoggiati in grembo, le braccia abbandonate sui poggioli della poltrona.
"Ci fanno la guerra. Ci fanno la guerra"
La voce di mia nonna era ferma.
Dura.
Lei la guerra l'aveva vista. L'aveva vissuta. Ne aveva sentito i morsi violenti. Sapeva di cosa stava parlando
"Hanno ucciso Falcone"






Non capivo quello che vedevo. Non poteva essere vero. 
Fu la prima volta che ebbi paura. In quel momento pensai che mi stessero rubando il futuro.
Scappai in bagno per sciogliere la paura assieme al sale sulla pelle, sotto lo scorrere dell'acqua.
Era vicino l'alba dei miei diciassette anni.
Era il 23 maggio 1992.
La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. Giovanni Falcone



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