Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

venerdì 2 ottobre 2020

Cullar, neve d'autunno

Le scroscianti acque del rio Muela ci accompagnano, mentre percorriamo la sterrata che da Dierico porta al bivio del Crist dal Pic. Di pioggia ne è caduta parecchia negli ultimi giorni, gonfiando i ruscelli e inzuppando il terreno. 


Ma per fortuna oggi le previsioni concedono una pausa su questa zona e, nonostante il cielo nuvoloso, la copertura non tocca le cime, lasciando la nostra meta ben visibile già alla partenza. Il Cullar infatti, spicca per la sua forma a "cupolotto" e appare veramente lontano, tanto che cerco di stemperare i dubbi di Barbara, "giocando" sulla prospettiva: a volte le cose appaiono lontane ma...



La mulattiera si inerpica verso il Plan di Muele, attraverso un bosco fracido e muschioso, fino a raggiungere i primi stavoli, dove veniamo accolti da piccole e bucoliche schiarite erbose, sotto un cielo che va pian piano rischiarandosi. Appare pure il sole a sollevare i morali, mentre visitiamo alcuni stavoli egregiamente ristrutturati. 











Ma poco dopo ecco il primo dei tre intoppi: il sentiero è franato, sotto l'erosione di rigagnoli in piena e per ben tre volte, dovremo escogitare come passare dall'altro lato. Per fortuna riusciamo nell'impresa senza dover togliere gli scarponi e, anche se gli imprevisti ci han fatto perdere tempo, raggiungiamo forca Griffon e poco dopo, anche il ricovero casera Forchiutta, già visitata anni fa.




Pausa merenda rigenerante ammirando le cime spolverate dalla prima neve e ripartiamo, lasciando qui Silvia e Renato, stanchi della risalita e in vena di esplorare il vicino sottobosco. Funghi multicolori tappezzano il terreno, mentre io, Barbara e Diana proseguiamo lungo il sentiero CAI 435, alla ricerca della deviazione che ci condurrà alla cima del monte Cullar. 





E' qui che calpestiamo la prima neve, incontrando subito dopo l'ometto di sassi che segnala la traccia che si inerpica sul pendio sopra di noi. Seguiamo i vari ometti lasciati da chi, recentemente, ha ripulito la traccia da mughi e ramaglie, zigzagando lungo il pendio innevato, fino a raggiungere il tracciato dell'Alta Via Val d'Incarojo. 



Qui seguiamo le indicazioni, traversando su terreno impervio, tra radici di mughi tagliati e caotiche pietre, risalendo faticosamente prima ad una spalla, poi lungo un friabile e bagnato canalino roccioso, giungendo infine al cospetto della nuova croce e del libro di vetta. 







Il panorama che ci circonda, nonostante il cielo nuvoloso, è di prim'ordine e, dopo aver firmato il libro e aver scattato la classica foto di vetta, possiamo finalmente goderci questa cima! Uno sguardo in giro e già aggiungiamo altre future mete alla già lunga lista!






E poi di nuovo giù, con calma e attenzione, lungo il canalino roccioso e i successivi tratti innevati, resi viscidi dallo sciogliersi della neve, rientrando poi a Forchiutta, dove Silvia e Renato ci attendono per il rientro. 

Rientro che decidiamo di effettuare lungo la sterrata per forca Zouf di Fau, sotto una leggera e, fortunatamente  breve, pioggerellina ghiacciata. 


Il sentiero CAI 436 ci riporterà al Plan di Muele senza intoppi e da lì, con percorso che sembra non finire mai, di nuovo a Dierico.


"Altro che prospettiva! Era veramente lontano!". 

Sorrido allo sguardo torvo di Barbara: "Eh già, era proprio lontano!"


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