Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 31 dicembre 2016

Mangart, a nord

La strada era deserta, nel buio prima dell'alba. Arrivato davanti alla casa indicata, il Biondo spense il motore per non dare nell'occhio e stette silenziosamente in attesa. Dall'interno nessun segno di vita, mentre le dita tamburellavano nervose sul volante. I minuti passavano e non succedeva niente. Prese in mano il telefono e compose un numero, attese qualche secondo, finchè gli rispose la segreteria. 
Il tempo passava e lui non poteva permetterselo, gli baleno in testa l'idea di un malinteso: forse il Giovane aveva frainteso e lo stava aspettando al solito posto. Scosse la testa e avviò il motore. 
In breve fu al solito posto ma non c'era nessuno. Scosse ancora la testa e pigiò sull'acceleratore. Il Grande lo stava aspettando.


Questi lo stava aspettando al solito lampione, guardò dentro l'abitacolo e senza dire nulla caricò il materiale nel bagagliaio.
Sedette silenzioso e solo dopo alcuni minuti chiese del Giovane: alla scarna  e stizzita risposta del Biondo rispose con una risata e tornò nei suoi silenzi.
Si fermarono al solito bar. Entrarono fa relitti della sera prima e vecchietti mattinieri, si fecero un caffè e ripresero il viaggio.
Squillò il telefono. Era il Giovane. La sveglia l'aveva tradito e ora si sentiva abbandonato dai compari: chiese di aspettarlo, ma il Biondo taglio secco il discorso. Corri.


La strada si inerpicava lungamente attraverso la valle silenziosa. Leggere velature increspavano il cielo. L'aria era ferma e pure i gracchi volteggiavano senza far rumore. Era una giornata ideale.
Si prepararono con calma, come al solito. Quello che serviva, forse neanche tutto, entrò negli zaini. Si guardarono in giro e si misero in marcia. 
D'un tratto il silenzio venne rotto dal rumore di cavalli frustati: l'auto grigia del Giovane saliva sputando bielle e pistoni lungo la stretta strada. S'infilò nel parcheggio. Dall'alto lo videro armeggiare frettolosamente ed infilare lo zaino, prima di iniziare a salire. In fretta.
I due dall'alto se la ridevano, e rallentarono un pò il passo, mentre il Giovane si fermava a togliere la felpa. Li raggiunse ansimante e rosso in viso poco sotto la cima. Risero, e continuarono a salire parlottando di tanto in tanto.





Il vento che saliva dall'Alpe Vecchia gli porto via le parole di bocca, mentre guardavano la mole che li sovrastava, possente e rugata di bianco. Si prepararono alla salita e iniziarono ad avvicinarsi alla parete, che passo dopo passo si allungava sopra le loro teste.

Il Giovane addocchiò una linea bianca, che dalla base si insinuava nelle rughe di pietra e sembrava perdersi tra mille fazzoletti di neve poco sotto la cima, Il biondo ed il Grande guardarono e si persero nei loro pensieri, Erano saliti leggeri, forse avrebbe potuto essere un azzardo. Continuarono a salire. Guardarono ancora la parete. Alla fine decisero di seguire il richiamo di quella linea bianca. Piccozze in mano salirono il lenzuolo di ghiaccio fino alla base della ruga.
















Salirono veloci e compatti I denti d'acciaio mordevano la neve dura e cristallina, graffiavano la nuda roccia. I tre se la spassavano, non sentivano ne freddo ne fatica. Ridevano.
D'un tratto il vento si portò via nuovamente le loro parole. 
Erano usciti dal canale, poco sotto la cresta: respirarono a pieni polmoni la gioia del momento, ancora alcuni ripidi passi e salirono sull'orizzonte.







La cima era li ad aspettarli.
Si fermarono a godere l'attimo, cercando di prolungarlo all'infinito, prima che la Cima li consegnasse alla discesa.



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