Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

domenica 25 dicembre 2016

Tinisa, la Cresta nel Cielo

Il gelo entra a mordere appena si apre la portiera, e la sensazione di perdere briciole di calore inviterebbe a rimandare i preparativi per la partenza. Intorno a noi il bosco è immerso nella luce azzurrina di un mattino a nord delle pareti.
Piccoli sbuffi bianchi si liberano nell'aria mentre ci mettiamo in cammino, accompagnati da un silenzio rotto, di tanto in tanto, dalle nostre chiacchiere.
Arriviamo senza far rumore a casera Tintina, senza destarla dal torpore cristallino che l'avvolge. 
I prati tutt'intorno sono ammantati di gelo e gli steli scoppiettano argentini al nostro passaggio.





Imbocchiamo il sentiero che, oltrepassato il bosco, sì inerpica tra i mughi, fino a raggiungere i ghiaioni che stanno sospesi sotto la parete nord del Tinisa. Con un lungo traverso raggiungiamo le prime attrezzature che aiutano a raggiungere l'intaglio che apre la vista sulla valle del Tagliamento e segna il confine tra luce e ombra.









Il sentiero si restringe, costringe il passo, richiedendo la giusta attenzione sui prati verdi che precipitano verso sella Corso, e continua sul versante est del monte, fino a raggiungere un bel crinale che sale verso la cresta rocciosa. Verso la cima, il sole del tardo autunno si nasconde ancora dietro di essa e,  finché non abbracciamo la croce di vetta, non possiamo goderne appieno.















Dalla cima si domina la valle del Tagliamento, dalle Giulie alle Dolomiti lo sguardo corre a perdifiato: sembra quasi impossibile che così tante cime si schierino davanti agli occhi, come moltitudini di onde increspano la terra dando motivo al nostro vagare per le terre alte.
Ora l'attenzione si volge alla cima ovest: studiamo quel filo sospeso tra luce e ombra scrutandone le pieghe e i risalti che disegnano i confini tra i precipizi a nord e i prati che, decisi, calano a sud.















La lunga traversata in cresta che unisce le due cime richiede passo sicuro: ripidi e insidiosi "verdi" si alternano a tratti rocciosi esposti e a volte friabili. Tratti attrezzati si alternano a tratti liberi non banali e, visto che c'è, uno spezzone di corda esce dallo zaino a farci compagnia per un pò. Superati i tratti più impegnativi ci si cala lungo un canale che scende da un intaglio attrezzato per poi risalire e guadagnare i prati che conducono alla cima ovest, spoglia di croci, adornata da un piccolo cumulo di pietre.
Il Malpasso di Tinisa è sotto di noi e segna il nostro rientro tra le ombre del versante nord, dove l'aria fredda torna a pungere e le pietre sono rese scivolose da una sottile velatura di cristallo.







Scendiamo con calma lungo le ghiaie, attraverso i mughi, mentre la Casera Tintina sembra farsi sempre più lontana. Il vento che ci accompagnava lungo la cresta non ci racconta più le storie che ha sentito in luoghi lontani ed il silenzio cala con le ultime luci del giorno.
Il bosco si prepara ad una nuova notte e tutto si ferma, mentre noi, silenziosi, continuiamo il nostro andare.

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