Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

giovedì 30 luglio 2020

Jof Fuart, navigando tra le nuvole

Rumore di passi affrettati ci giungono dall'esterno, destandoci dal torpore del sonno.
Il leggero chiarore che filtra dal telo della tenda ci annuncia che l'alba è vicina e il figlio del gestore di Malga Grantagar è già all'opera. Ci aveva avvertito la sera prima, che alle 5:30 sarebbe passato lì davanti con i bidoni del latte. Apriamo la tenda e la visione delle cime che ci circondano, rischiarate dalla luce del nuovo giorno, ci regalano un silenzioso e bucolico buongiorno.




Facciamo colazione salutando gli amici Orsi, oggi impegnati con vie in falesia, e iniziamo la lenta risalita verso l'aguzza cima che ci ha impegnati ieri. L'Ago di Villacco si erge splendido in un cielo azzurro e limpido mentre passiamo ai suoi piedi, puntando al poco distante rifugio Corsi. 



La nostra destinazione non si vede ancora, celata da bancate rocciose che risaliremo lungo la via normale. Forcella Mosè con il suo monolite ci appare alla fine della vallata, ma noi abbandoneremo questa rotta, virando e seguendo i segnavia che pian piano ci porteranno ai tratti attrezzati e ad intercettare poi il sentiero Anita Goitan.










Nuvole di condensa salgono dal fondovalle, a volte avvolgendoci in un ovattato abbraccio, a volte sfiorandoci appena, giusto l'attimo di un veloce saluto, allontanandosi per poi lambire quelle isole rocciose che emergono silenziose in un mare bianco e tempestoso. 




Come marinai, navighiamo verso l'ignoto, la cima del Jof Fuart non si vede ancora, ma i segnavia ci guidano nella distesa di rocce che ci separa dalla vetta. 




Salutiamo chi, come noi, ha deciso di lasciare presto il porto e già si appresta a rientrare, ritrovandoci di nuovo soli, lungo le anse di un sentiero che sembra non finire mai. Con uno sguardo a picco sulla Val Canale, svoltiamo per l'ennesima volta, risalendo le ultime gradinate rocciose, sotto lo sguardo vigile di uno stambecco che, dalla cima più alta del Jof Fuart, ci osserva curioso. 







La ben visibile scritta in rosso non lascia dubbi e, risalito un breve salto di roccia e percorsa una aerea crestina, ci ritroviamo al cospetto della formosa Madonnina e della croce di vetta. 






Tutto attorno a noi, sotto un cielo che in lontananza va pian piano scurendosi, una distesa di cime a perdita d'occhio, ci toglie il respiro. 




Una cima questa, a lungo desiderata, salita in una giornata perfetta dal nostro punto di vista meteorologico, caratterizzata da scenari danteschi, che ci accompagneranno verso Forcella Mosè per poi mutare ancora, rischiarandosi lungo il rientro verso la malga e gli amici Orsi che ci attendono.





















Un lento navigare per cime, il nostro: d'altronde, siamo Alpinauti.

Nessun commento: