Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

giovedì 18 agosto 2016

Johannisberg, al cospetto del Re dei Tauri

Una sottile striscia di luce al di là delle Carniche ci fa ben sperare per la giornata che abbiamo davanti, ma una volta valicato il confine di Passo Monte Croce Carnico le nuvole si fanno più compatte davanti a noi. Di tanto in tanto qualche goccia bagna il parabrezza, mano a mano che ci avviciniamo alla meta la temperatura scende. Arriviamo al parcheggio del Franz Josef Hohe il clima è decisamente invernale. Ci prepariamo velocemente, organizzando già le cordate per l'indomani e partiamo. 


La nebbia avvolge le cime intorno a noi, e le sparute gocce portate dal vento d'improvviso diventano una moltitudine di piccoli cristalli di ghiaccio che sferzano la pelle del viso. La nebbia limita a pochi metri la visibilità mentre procediamo sulle rocce levigate dall'azione dei ghiacci. Camminando in un'atmosfera irreale raggiungiamo la lingua glaciale che sotto allo sperone su cui sorge l'Oberwalderhutte. Seguendo la traccia nel bianco totale che ci abbraccia raggiungiamo la parete rocciosa davanti a noi, e seguendo i segnavia spuntiamo nei pressi del rifugio.






Il sole ci illude per qualche attimo, prima di scomparire di nuovo tra le nebbie. Ripariamo in rifugio e ci sistemiamo. Dopo esserci goduti il tepore della stube decidiamo che non possiamo passare il pomeriggio ad oziare e usciamo per fare un pò di ripasso: legature, nodi a palla, cordino da ghiacciaio e visto che ci siamo diamo un occhio anche alle tecniche di recupero prima di rientrare per la cena.




La notte passa veloce ed al risveglio la luce opaca che entra dalla piccola finestra della camera non è bene augurante. Una fitta nebbia è calata su tutto il circondario. Scendiamo a far colazione pensando a qualche alternativa, ma pian piano qualche piccola crepa si apre nel muro grigio che ci chiude la visuale, svelando qualche lampo azzurro, e dopo un pò la nostra meta fa bella mostra di se davanti ai nostri occhi.


Ci leghiamo con calma, controllando che tutto sia a posto e ci incamminiamo. Davanti a noi due cordate seguono una traccia che porta dritta in mezzo al campo crepacciato, mentre noi optiamo per la bianca e vergine distesa più a nord. Procediamo con attenzione e nonostante tutto per 4 volte sprofondo con una gamba nel vuoto, senza conseguenze se non quella di perdere un pò di tempo a cercare un percorso migliore, finché arriviamo dove il pendio inizia ad impennarsi verso la cima.





Superata la crepacciata terminale il più è fatto. Il pendio aumenta di pendenza con decisione e la fatica si fa sentire un pò di più. Manteniamo il gruppo compatto e arriviamo tutti assieme in cima allo Johannisberg, mentre il Gross Glockner ci si para dinanzi in tutta la sua maestosa eleganza.







E una volta in cima dopo essersi goduti il panorama una foto di vetta per tutto il gruppo del CAI Codroipo.

1 commento:

Omarut ha detto...

e la foto di te con la gamba dentro al crepo??? Niente?