Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

lunedì 9 settembre 2019

Via Tedesca al Grande Nabois

Per anni l'ho guardato dal fondovalle: la sua mole imponente svettava come sentinella a guardia del castello dello Jof Fuart. Immancabilmente, ad ogni stagione, con ogni tempo, mi rapiva la vista passando lungo la statale, prima di alzare lo sguardo verso le cime più alte, alle sue spalle. Molte volte son salito lungo i suoi fianchi, per raggiungere quelle cime che sembra voler difendere dall'assalto di piccoli conquistatori. Molte volte l'ho snobbato, rimandandone la salita ad altre occasioni. Poi, guardandolo dall'alto perdeva significato, restando un punto bianco nella mappa delle mie montagne.


In una giornata d'autunno che sembra non avere limiti di tempo e di colori, ci immergiamo nei boschi della Val Saisera, dove la luce viva dona prospettive che cambiano ad ogni passo, invitando lo sguardo ad indugiare nel profondo del bosco, tra piccoli sbuffi d'autunno che esplodono come piccoli fuochi d'artificio nel verde dell'estate ancora viva. Camminiamo tra silenzi e pensieri a voce alta, soli con i nostri passi, con quella sottile magia che accompagna il nostro cammino in questi luoghi.




D'un tratto il bosco si impenna, la strada lascia il passo al sentiero salendo al rifugio Pellarini. La luce si nasconde dietro le Cime delle Rondini  e saliamo nell'ombra. Usciamo dal bosco e la sua cresta  ci appare sinuosa, curvando dolcemente verso sinistra, immersa in un bagno di sole.
Il rifugio è silenzioso al nostro passaggio, qualche rumore che proviene dalla cucina rivela lo svolgersi dei primi lavori della giornata. Passiamo oltre, andando a cercare il sole. Il sentiero si inoltra verso la Carnizza di Camporosso, e poco prima che l'anfiteatro si apra ai nostri sguardi, sulla destra, si stacca la nostra via per oggi. Il cartello reca la scritta "via alpinistica Gasparini Florit" ma di alpinistico ha ben poco e preferisco il nome originario. Il sentiero si inerpica lungo la cresta est, agevolato da un cavo passamano in alcuni tratti, per poi ricongiungersi alla via normale poco prima delle attrezzature che portano alla croce di vetta.






Seguiamo la traccia che nella parte bassa entra nel bosco fino ad arrivare ai mughi sulla spalla. Passata la targa il sentiero inizia ad essere divertente e regala un punto di vista privilegiato sulla parete nord del gruppo del Fuart e sulla Saisera.
Un lungo traverso in quota ci porta verso la mole principale del Nabois ed alle prime attrezzature, mentre un grosso branco di stambecchi si getta di corsa verso il fondo della Carnizza al nostro passaggio. Superato il canale incastonato tra i mughi usciamo su di una terrazza erbosa, qui il sentiero piega nuovamente verso la cresta e dove è stato posizionato il libro di via.







Un breve salto roccioso interrompe la linearità del sentiero, e superatolo arriviamo ai grandi prati sommitali, dove, sempre seguendo la morbida linea di cresta, raggiungiamo la via normale e la cuspide rocciosa della cima.






Il sentiero abbraccia una comoda e panoramica cengia che porta al breve tratto attrezzato sotto la croce di vetta. Il panorama si fa più ampio, abbracciando il Re delle Carniche ed il Re delle Giulie: Cogliàns e Triglav sono l'alfa e l'omega di una vista che ripaga la fatica della salita. Di fronte a noi la mole del Fuart, segnata dalla linea magica della Cengia degli Dei, sotto di noi la profondità selvaggia dell'alta Spragna che sale verso le creste del Modeon e del Foronon e, un pò più il là, il Montasio, quasi in disparte, silenzioso nel suo svettare dominante.









Il piacere della cima è amplificato dal silenzio e dalla luce della giornata. Il respiro della valle è una brezza leggera che ci raggiunge e ci fa perdere la cognizione del tempo. Una sensazione di sospensione che non sempre si riesce a godere pienamente in montagna, risultato di tanti piccoli ingredienti: silenzi, fatica, compagnia, sguardi e scenografie, accompagnati sempre dal piacere della scoperta. E oggi questa scoperta si impregna del sapore di una prima volta, di un punto bianco che si colora di conoscenza.
A malincuore riprendiamo il passo lungo la via normale. I suoi tornanti ci portano velocemente verso le ghiaia che scendono da Sella Nabois, i gradini intagliati nella roccia ci ricordano la sofferenza patita in questi luoghi un secolo fa, e oggi agevolano chi si avventura lungo questi sentieri in pace.




Scendiamo con calma verso il rifugio, attraversando l'assolata Carnizza. Una breve sosta, seduti sul terrazzo del rifugio, ci fa godere della salita appena compiuta, mentre il sole continua la sua discesa verso il giorno che verrà.
Caliamo nuovamente nell'ombra della foresta della Saisera, con le luci della sera che salutano il nostro cammino.

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