Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 29 agosto 2020

Sentiero Zandonella, Spalla del Duranno

Dalla pianura ha una visuale privilegiata: appena ti avvicini a "l'aghe" lui fa capolino, ricordandoti la sua presenza. Isolato e possente, col caratteristico becco. 

E' lui, il Duranno.

Per me ha sempre significato solitudine e ambiente selvaggio.

Quando abbandoni Erto e ti inoltri lungo la Val Zemola senti che non sono luoghi normali. Saà l'abisso che percepisci oltre il bordo della strada, sarà la fatica umana di cui sono intrise le pietre di Cava Buscada, ma niente come il Duranno, assieme alla gioia di essere al suo cospetto, ti infonde un timore reverenziale.

Un cielo scuro e lattiginoso chiude il cielo sopra Casera Mela, mentre imbocchiamo il sentiero che sale al rifugio Maniago. A tratti si indovinano le crode che fanno da contorno alla valle, ma forse sono solo effimeri miraggi che vogliono prendersi gioco di noi.


Il sentiero abbandona le ghiaie di fondovalle e si inerpica nel bosco rorido. L'umidità avvolge la valle, opprimendo il passo, e chiudendo ancora il cielo azzurro. E' mentre ci arrivano i primi rumori del rifugio che il cielo si apre e lascia, sotto di noi, la bassa Zemola adornata di un velluto bianco di nuvole, che nasconde agli occhi la vita lontana del fondovalle.

Il rifugio è ancora assopito: mentre una ragazza esce a salutare, diamo uno sguardo ammirato al nostro anfitrione. La sua parete sud ci sovrasta, benevola e calma. Oggi non lo disturberemo più di tanto, dal rifugio imbocchiamo il sentiero che sale a sinistra tra i mughi, e che ci porta al grande circo di pareti grigie e nere, che nasconde agli occhi la via alla forcella della Spalla. Arrivati fin sotto l'erta rocciosa si svela finalmente la rampa che sale alla forcella. Il cammino agevolato ora da qualche attrezzatura ci porta al cospetto della parete ovest del Duranno. Sbuffi di nuvole che si rincorrono scappando dal fondo della val Zemola esaltano le balze rocciose che ci si stagliano dinanzi. 











L'occhio indugia sulle ghiaie che scendono a nord e salgono verso la Cima dei Preti, in una corale preghiera alla natura selvaggia. Non è possibile non sentirsi parte di essa e sale il desiderio di sentirsi abbracciato da una tale meraviglia. Verrà il momento, ed intanto riprendiamo il passo lungo la dorsale sabbiosa che ci porta alla cima della Spalla, dove nuvole potenti come una mareggiata salgono da sud e si schiantano soffici sulla linea di cresta.



Ora ha inizio la parte più interessante del sentiero Zandonella, un gomitolo che si srotola lungo la dorsale che passa tra Cima delle Diese, Cima di Rodisegre e cima Pagnac, per poi scendere verso Casera Bedin.




Un susseguirsi di cenge e pareti aeree, tra coreografie velate che amplificano l'emozione di silenzi ritrovati dopo molti anni. Raggiunta la forcella de le Porteline caliamo lungo un canale ghiaioso verso la Val del Piave per aggirare un erto costone roccioso e risalire alla forcella de Ru de la Tia, riprendendo la dorsale di confine tra il Friuli ed il Veneto.
















Ora il cammino si addentra sui tratti più aspri e impervi, percorriamo il sentiero con intenso diletto, sorprendendoci ad ogni svolta, ad ogni quinta che si rivela. Una variante in cengia ci porta fuori da questo arcano maniero roccioso e ci accompagna Cima Pagnac, dove le difficoltà terminano ed il sentiero inizia la sua discesa.



Il sentiero prosegue attraversando erti pendii di mughi, fino ad un arduo canalino pietroso che scende lungo ed ineluttabile verso sud, fintanto che, quasi riuscendo a far dimenticare la bellezza della giornata, si lascia abbandonare per una comoda traccia tra i mughi che ci conduce nel fresco bosco di conifere, fino a Casera Bedin.


Nessun commento: