Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

sabato 1 agosto 2015

Cima dei Pecoli

La scorsa domenica il meteo era piuttosto incerto, tanto che si  era deciso di rimandare l'uscita di gruppo degli Orsi. C'era comunque una domenica da onorare: vie in lista ce n'é fin troppe ma l'incertezza sulle intenzioni del cielo faceva pendere l'ago della bilancia verso una di quelle gite che restano sospese nel mio limbo alpinistico. Qualche cima che se la raggiungi va bene, se inizia a piovere nel frammezzo va bene lo stesso. Si gira i tacchi e via, senza pensieri. di questa categoria fa parte la Cima dei Pecoli.
Di buon ora, ma non troppo, percorriamo la Val Meluzzo fino alla sua testata, per risalire la Val Monfalcon di Forni, con me Raffaele e tanta umidità.


Saliamo il sentiero in solitudine, sospesi tra il grasso verde del bosco e l'eterea massa delle cime che ci circondano, sfuggenti e ardite, salgono a sfidare il cielo che, con fatica, cerca di ricacciarle sulla terra, con le loro innumerevoli torri e bizzarri pinnacoli.
Usciamo dal bosco e la Val Monfalcon di Forni si mostra in tutta la sua maestosità di crode e ghiaie, e alla nostra destra si mostra ai nostri occhi la finestra naturale del Porton di Forni.



Risaliamo con qualche fatica il ghiaione che sale al Porton, passo dopo passo ci avviciniamo ed a ogni sosta si apre ancor di più la maestosa visuale sulla testa della valle e le cime che l'adornano.
Raggiunto il Porton cerchiamo la chiave per la cima, quella cengia da "seguire con fiducia", come recita una relazione. La cengia non è evidentissima al suo nascere, ma dei begli ometti ci mettono sulla strada giusta e con la dovuta fiducia e piede sicuro percorriamo lesti quei pochi passi che ci portano ad una cengia degna di tal nome.



Raggiungiamo velocemente la forcella da cui ha inizio il canale che ci porterà  in cima: arrampichiamo su facili rocce addobbate da festosi sfasciumi che svolazzano ad ogni leggero tocco precipitando silenti verso il fondovalle. Procediamo a distanza di sicurezza per non turbare la dolomitica ilarità della salita. 
Il canale ha termine su un piccolo e saldo contrafforte, da cui per una simpatica cuspide di allegri sfasciumi si guadagna la cima.
Dopo tutta questa allegria la cima ci offre una vista radiosa e tranquilla sui dintorni, peccato che il cielo vado rannuvolandosi, ma quello era il destino della giornata.




Torniamo sui nostri passi con cautela, saggiando appigli e appoggi, che di tanto in tanto si divertono a rivelarsi cedevoli e superficiali. Torniamo alla cengia "fiduciosa" con l'allegra consapevolezza che il problema non era aver fiducia in lei, quanto in quello che ci passava per le mani in seguito.



Il bello di queste cime è questo, la solitudine che regala l'aleatorietà dei loro appigli, il sapere che non troverai la folla, se non alle loro falde. Lassù il silenzio viene rotto solo dal vento e dal respiro di chi vuol salire.
Raggiungiamo nuovamente il Porton, e, dato un giro di chiave, torniamo verso valle.

3 commenti:

montagnesottosopra.blogspot.com ha detto...

Come Aldo e Giovanni ....... Ma era franabile o friabile? ....... Eh si, perchè il terreno frana .... non fria :-)!

p.s. ce puest figo !

Anonimo ha detto...

Grande ambiente, spettacolare...un'immersione assoluta nella solennità delle cattedrali di roccia. Splendido itinerario.

ciao, lauretta

Luca l'Alpinauta ha detto...

Luca : robe per orsi selvatici! Laura!!! dovresti venire a trovarci!