Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

mercoledì 26 agosto 2015

Monte Cadin

Dove andiamo? Decidi tu. Dai su decido sempre io. Facciamo quel che va a te. Va bene, scelgo due mete e decidi tu. Ok, dove andiamo? Decidi!
E allora decido. Andiamo per crode selvatiche. 
Il ragazzo a Ponte Compol si desta dal suo gelido torpore e abbandona la coperta di lana per staccarci il biglietto, desideroso di tornare all'effimero tepore. Il termometro segna 9 gradi nell'ombra tinta di blu.
Poca gente sulla strada che sale a Pian Meluzzo, un pò di più al parcheggio.
Per fortuna imbocchiamo in solitudine il sentiero che risale la Val Postegae. Sale leggero, e i passi si rincorrono veloci.  In vista della Val d''Inferno attraversiamo il torrente per seguire le tracce del sentiero 387, ora dismesso, ma ancora ben percorribile.





Entriamo nel bosco e ci alziamo velocemente di quota fino a guadagnare il Cadin del Pramaggiore. Il cielo non è più azzurro e la nuvole sfilacciate vanno raggomitolandosi sopra di noi. Incontriamo tre ragazzi che stanno scendendo "Eh! è dura fino alla forcella" ci dicono salutando. Guardo loro, guardo la forcella e penso "ma dai che è li..."
Di li a poco avrò modo di scoprire che è li... un pò dietro l'angolo!
Saliamo su ghiaie di riporto in cerca della forcella che a ogni passo sembra spostarsi più in la, finché decide di fermarsi e lasciarsi raggiungere.





Finalmente arriviamo al Passo Pramaggiore e un vento freddo ci sferza con decisione dandoci il benvenuto al traguardo, forse era proprio il vento a spostare la forcella. Guardo i nostri passi infiniti che si perdono nelle ghiaie, a volte la montagna sa essere antipatica. Alla nostra destra le propaggini occidentali del Pramaggiore si perdono nelle nebbie, alla nostra sinistra si alza la dorsale che sale al Monte Cadin ed alle Cime Postegae.
La cresta è docile e morbida nelle sue linee, in netto contrasto con il resto del panorama e s'impenna rabbiosa per dar corpo alla cima del Cadin.







Raggiungiamo la cima tra ripidi verdi e qualche sfasciume. La piccola croce di legno sembra affogare tra le pietre che la sorreggono, grigie a rispecchiare il cielo.
Le nuvole si fanno sempre più basse e le cime Postegae si perdono tra le brume, smarrendosi nel grigio, lasciandoci soli.
Decidiamo di non volerci perdere tra nebbie sconosciute, cosi diamo l'arrivederci all'anello delle Postegae e torniamo sui nostri passi, verso il Passo Dispettoso.






Dispettosa anche la cima mancata, che in un gioco di vedo-non-vedo ci stuzzica a tornare nuovamente sui nostri passi, ma basta alzarsi in piedi perché torni ad ammantarsi di fumo.
Scendiamo assieme alle ghiaie da passo Pramaggiore, rimandando l'appuntamento, l'acqua scorre misteriosa accanto a noi mentre rientriamo a Pian Meluzzo e, nel grigio, le note bianche delle stelle alpine ci rallegrano.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

“Crode selvatiche” avviluppate dalle nebbie, un “passo dispettoso”, ghiaie che “mangiano” i passi …sembra un racconto dei fratelli Grimm…un bel racconto, naturalmente!
Immagino che l’anello completo sarebbe stato assai faticoso, per quanto senz’altro di grande soddisfazione.
Ciao! lauretta

Nadia ha detto...

Diciamo che eravamo a metà strada...e se il meteo fosse stato migliore avremmo continuato di sicuro. Torneremo... con meteo stabile e grandi panorami!
Ciao cara Lauretta!!!